24 05 2021
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La classifica dell’adozione dello smart working in Europa, relativa al 2020, vede primeggiare la Finlandia con il 25,1% degli occupati di età compresa tra 15 e 64 anni, seguita da Lussemburgo con 23,1%, Irlanda (21,5%), Austria (18,1%) e Olanda (17,8%).
Ultima la Bulgaria
E l’Italia? Solo 13esima con 12,2%, appena sotto la media dell’Unione europea, che è del 12,3%. Sono questi i dati comunicati da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, in occasione della Giornata mondiale delle telecomunicazioni e della società dell’informazione (Itu).
La parte più bassa della classifica europea del lavoro agile è occupata da Bulgaria (1,2%), Romania (2,5%), Croazia (3,1%) e Ungheria (3,6%).
Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, in Italia si è passati dai 570mila lavoratori da remoto nel 2019 agli attuali 6.580.000. Un dato comunque molto significativo.
Un nuovo passaggio culturale da fare
“L’adozione dello smart working ha criticità e benefici – ha detto Fiorella Crespi, che dirige gli Osservatori Smart Working e HR Innovation Practice del Politecnico di Milano – Tra gli aspetti positivi bisogna sottolineare un miglioramento delle competenze digitali dei dipendenti e il superamento dei pregiudizi su questa modalità di lavoro. In realtà, quello che è stato introdotto con la pandemia non è il vero smart working, che è basato su una responsabilizzazione delle persone libere di lavorare senza vincoli di orario e luogo per raggiungere gli obiettivi. In questo senso, non tutte le realtà hanno ancora fatto il passaggio culturale necessario”.
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