05 10 2021
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Viviamo un momento di grandi trasformazioni caratterizzato dal passaggio dalla multicanalità all’omnicanalità. Se ne è parlato oggi a un convegno organizzato dal Politecnico di Milano, durante cui sono stati presentati i dati del suo Osservatorio.
“Durante la pandemia l’Italia è stato il paese che in Europa ha avuto l’accelerazione più forte ed è risultato quarto nel mondo – ha premesso Giuliano Noci del Politecnico di Milano – Siamo in una fase di ripresa, ma è già necessario chiedersi cosa ci sarà oltre, tra qualche anno”.
Il Rinascimento 2.0
Secondo Stefano Cini di Nielsen gli “ingredienti” dell’Italia post-Covid sono tre: economia, demografia e tecnologia. “Siamo in un fase che potremmo chiamare del Rinascimento 2.0, in cui si è passati dal concetto di resilienza a quello di antifragilità e nella quale l’e-commerce è il nuovo marketing”, ha detto.
Qualche dato: i consumatori italiani oggi usano Internet per cercare prodotti (77%), comprare prodotti e servizi (65%), ricevere servizi post-vendita (43%) e recensire (40%).
Per il 75% il Web è diventato la fonte principale per trovare informazioni. Lo strumento più utilizzato è Google, ma spesso si usano i siti delle marche e Amazon, anche per cercare delle novità e non solo per acquistare. Seguono i social media e gli influencer.
“Un tema fondamentale è il drive to store – ha proseguito Cini – Le nuove tecnologie abilitano nuove occasioni di dialogo nella Prossimità 2.0 e il ruolo del punto vendita cambia. Bisogna poi capire che nessuna industry è più un’isola perché esiste un’influenza reciproca, bidirezionale”.
In questo contesto esistono diversi profili sociodemografici, che sono:
- digital unplugged (con un’educazione digitale molto sotto la media);
- digital rookies (con un’educazione digitale sotto la media);
- digital bouncer (educazione nella media),
- digital engaged (educazione sopra la media, Internet come stile di vita);
- digital rooted (approccio end-to-end del digitale).
Il ruolo degli over 55 nella transizione digitale
“Nella società italiana cresce l’importanza dei profili digitali e si assiste a uno spostamento verso profili più evoluti – ha spiegato Cini – Il combinato disposto di sviluppo tecnologico e invecchiamento della popolazione porterà ad implicazioni tutt’altro che scontate. L’aspetto più interessante è che la transizione digitale sarà guidata dagli over 55. Questo spostamento del baricentro è un’opportunità per brand e retailer e bisogna agevolare la transizione di questo target rassicurando ed educando sui benefici della tecnologia”.
Nascono opportunità di costruire relazioni con gli over 55 grazie a servizi a valore aggiunto pensati per semplificare. C’è poi la necessità di stupire abbattendo le barriere tra gli asset pull (digitali) e push (punti vendita, televisione).
“Bisogna passare da how a wow – ha concluso Cini – Trasformare i dati in conoscenza e la conoscenza in relazione è la chiave per costruire una user experience immersiva, non solo efficace ed efficiente”.
L’era dell’impatient consumer
Nicola Spiller del Politecnico di Milano si è soffermato sul ruolo della marca nella società multicanale.
“Ci sono alcuni macro-trend da considerare: una forte differenza generazionale tra i più giovani e il cambiamento del rapporto tra brand e consumatori – ha detto Spiller – Tra i contenuti, si registra una forte propensione degli individui a prendere posizione su determinati temi e valori che considerano importanti”.
Con quali conseguenze?
- i benefici funzionali sono sempre più dati per scontati;
- si consolida la richiesta di experience;
- si chiede che le marche prendano posizione.
Il 76% dei consumatori ritiene giusto/lecito che le marche prendano posizione e quando lo fanno il 57% traduce questo in termini d’acquisto. I temi considerati oggi più importanti sono la sostenibilità ambientale, il benessere dei dipendenti e la lotta alla povertà.
Si profila un duplice ruolo della marca:
- come attore sociale, che apre all’interno della società e diventa testimone di azioni concrete;
- come piattaforma, che offre ai consumatori l’opportunità e gli strumenti perché possano esprimere opinioni.
“Il consumatore è diventato impaziente, siamo nel tempo dell’impatient consumer – ha spiegato Spiller – Le marche si muovono verso un uso sociale del brand e vengono creati nuovi marchi in una logica collaborativa ed emozionale/funzionale”.
Ci sono nuovi player vicini alle generazioni più giovani e anche il b2b scopre il valore della marca con modelli vicini al b2c.
L’arena competitiva diventa sempre più affollata e nella società multicanale è ineludibile:
- concepire la marca come asset strategico;
- considerare marketing e comunicazione non più come asset di spesa, ma come valore strategico per costruire la marca;
- tornare a investire su iniziative di brand building.
“La sfida si fa con tutti i mezzi a disposizione – ha concluso Spiller – Ma la marca deve comunicare in modo sempre trasparente e credibile”.
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