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03 03 2022

Comunicare la sostenibilità nell’era digitale

Oggi il tema della sostenibilità è molto sentito, ma bisogna avere le carte in regola per comunicarlo. Di questo si è parlato a un webinar organizzato da Iap, l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria.

 

La norma contro il greenwashing

“Nel 2014, è stata creata una norma specifica per punire le aziende che fanno greenwashing, ma soprattutto per premiare quelle virtuose”, ha detto Vincenzo Guggino, segretario generale Iap.

Secondo questa norma, “I benefici di carattere ambientale devono basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. La comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono”.

“Non si possono quindi fare affermazioni generiche, ma bisogna specificare i benefici – ha concluso Guggino – Per il Giurì di Iap occorre evitare affermazioni assolutistiche e tenere presente il minus rispetto all’affermazione, spiegare quanto incide il vantaggio”.

 

Il pilastro dell’education

Chiara Mio, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha scritto un libro sull’argomento e ha spiegato i principali contenuti nel suo intervento. “Un’azienda è sostenibile se è in grado non solo di conseguire redditi tali da soddisfare le aspettative di soci/azionisti e garantire la durabilità e lo sviluppo dell’istituto in condizioni di economicità, ma anche di diffondere innovazione a vantaggio dell’intera società”, ha detto Chiara Mio.

Secondo la professoressa, l’azienda deve lavorare in modo osmotico, aprirsi e avere chiaro che la sostenibilità non è charity, non è donation e non è un’erogazione liberale. La charity, ad esempio, non cambia il modo di fare impresa perché va a lenire una sofferenza, ma è solo una risposta immediata.

È un po’ come il pronto soccorso: fondamentale, però bisogna fare prevenzione.

Anche la Csr (Corporate social responsibility) è importante, ma non è sostenibilità perché non cambia il modo di produrre. La sostenibilità richiede, invece, un cambio di paradigma del concetto di prodotto e servizio.

Un altro pilastro della sostenibilità è l’education: il consumatore deve condividere l’approccio e il valore creato attraverso il business model scelto deve essere comunicato agli stakeholder interni ed esterni per informare a un livello più alto, diffondere la cultura e lo sviluppo di un nuovo modello di consumo e di stile di vita.

 

Se tutto è sostenibile, nulla è sostenibile

“La comunicazione è un elemento costituente della sostenibilità per ingaggiare il consumatore e bisogna essere chiari fin dall’inizio – ha aggiunto Chiara Mio – L’azienda deve fare passi concreti. In Italia ci sono solo 19 imprese sottoposte a Science based target, la validazione scientifica della diminuzione dell’impronta ambientale in base a protocolli internazionali. Queste 19 aziende sono certificate, le altre no, ma non per questo devono tacere. L’importante è essere sempre chiari nella comunicazione. Questo significa anche specificare che molte certificazioni non sono di performance, ma di procedura. E non è la stessa cosa”.

In sostanza, se tutto è sostenibile, nulla è sostenibile. Va bene la diffusione, ma attenzione alle varie componenti della sostenibilità che sono tre: economica, etica ed ecologica. Attenzione anche all’expectation gap, le aspettative dei consumatori, e all’effetto bollino: non basta fare una campagna one shot, occorre avere coerenza e continuità

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