20 02 2020
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Il 20% delle imprese italiane ha un progetto a regime di intelligenza artificiale e il 23% a livello di sperimentazione. Sono questi alcuni dei dati emersi oggi al Politecnico di Milano in occasione della presentazione dell’Osservatorio Artificial Intelligence.
L’indagine, che ha preso in considerazione 205 aziende di dimensioni medio-grandi, sottolinea come sia aumentata la consapevolezza sul tema. In particolare, l’intelligenza artificiale viene considerata dal 50% delle imprese un insieme di sistemi che replicano capacità tipiche dell’essere umano, dal 40% un gruppo di tecniche (machine learning), dal 6% un sistema che replica l’intelligenza umana e dal 2% chatbot/virtual assistant.
“Nel 90% dei casi si può quindi affermare che esista una corretta comprensione, migliorata in modo considerevole rispetto agli anni precedenti”, ha commentato Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio.
Gli ambiti applicativi prevalenti dell’AI sono intelligent data processing, chatbot/virtual assistant e natural language processing. Esistono però anche dei freni al suo sviluppo. In particolare:
- processi poco codificati (60%);
- scarsa conoscenza delle tecnologie (28%);
- strutture poco innovative (26%);
- resistenze dei dipendenti (22%).
Altri aspetti che in qualche modo fanno da ostacolo sono la difficile reperibilità di figure professionali adeguate e la security & privacy.
Le aziende del campione possono essere classificate come:
- in cammino (36%);
- entusiaste (21%);
- immobili (17%);
- apprendiste (14%);
- avanguardiste (8%);
- organizzate (4%).
Quanto vale il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia? Nel 2019 ha raggiunto i 200 milioni di euro suddivisi prevalentemente in Intelligent Data Processing (33%), Natural Language Processing e Chatbot/Virtual Assistant (28%).
Tra i settori i più interessati all’AI quelli bancario-finanziario (25%) e manifatturiero (13%). “Siamo solo all’inizio di un grande cambiamento”, ha commentato Piva.
Le case-history: dalla televisione all’assicurazione
Davide Filizola di Mediaset ha spiegato come in ambito televisivo l’intelligenza artificiale venga utilizzata per suggerire gli argomenti di maggior interesse da trattare nei talk-show e per scegliere alcuni palinsesti. A volte, nelle trasmissioni live fornisce indicazioni sull’audience e permette modifiche in tempo reale, anche se esiste un margine di errore. In ogni caso, gli algoritmi svolgono spesso un ruolo importante pur se non sono visibili.
Valeria Verzi di Generali ha raccontato l’evoluzione di un team dedicato che è partito da piccoli progetti (l’analisi della propensione del cliente ad abbandonare la compagnia) ed è costantemente cresciuto fino a incidere a 360 gradi all’interno dell’azienda.
Alberto Messina ha detto che la Rai si basa su un concetto di responsabilità, prima ancora che di audience. Secondo la sua esperienza l’intelligenza artificiale funziona bene nell’analisi delle news e fornisce una base di business intelligence molto valida.
Marco Siciliano di Accenture ha detto che chi ha fatto investimenti significativi in AI ottiene oggi risultati tre volte superiori rispetto agli altri.
Una sfida mondiale, ma con diverse strategie
“L’intelligenza artificiale è una sfida mondiale – ha detto Nicola Gatti, direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence – È un potenziale volano per lo sviluppo economico e la difesa di un paese, oltre che per la medicina”.
A livello mondiale le strategie sono molto differenti. Negli Stati Uniti ci sono ingenti finanziamenti di privati e una strategia rivolta soprattutto alla difesa. In Cina esiste un’ambiziosa strategia nazionale che investe molto in educazione. Nell’Unione europea il piano comunitario mette l’uomo e i problemi etici al centro.
In termini di finanziamenti pubblici pianificati per un anno Stati Uniti e Cina superano i 5 miliardi di euro, Uk i 2 miliardi. Nell’Unione europea la Germania investe mezzo miliardo di euro, la Francia 300 milioni e l’Italia 160.
“In futuro l’intelligenza artificiale avrà sempre più importanza anche nell’evoluzione delle professioni – ha concluso Gatti – Secondo il World Economic Forum, entro un paio d’anni i Data Scientist e gli esperti in AI e machine learning saranno tra i più richiesti sul mercato”.
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