17 09 2020
Take
more.
La voglia di ripresa economica dopo la pandemia parte dall’edizione online del Milano Marketing Festival, iniziata con una conferenza dedicata a “Idee, valori, linguaggio e tecnologia per il marketing”. Il primo intervento è stato del neuroscienziato Morgan Cerf, che ha spiegato come l’idea delle neuroscienze nasca dall’osservazione del cervello delle persone quando prendono decisioni d’acquisto.
“A volte, quando ad esempio si fanno sondaggi, le persone danno risposte diverse da quello che pensano – ha spiegato Cerf – Le neuroscienze intervengono proprio per capire quali sono le vere scelte delle persone. E il neuromarketing aiuta a mettere in atto le migliori azioni per soddisfare i veri desideri dei consumatori”.
Aziende alla ricerca di esperti in neuromarketing
L’obiettivo è creare un’interfaccia diretta tra il pensiero e i prodotti da proporre. Per questo motivo, sempre più imprese assumono esperti di neuromarketing.
Questa attività può essere considerata una specie di hackeraggio del cervello? “In un certo senso sì, bisogna capire qual è il limite che siamo disposti ad accettare – ha risposto Cerf – Anche i sogni possono rientrare in quest’ambito, abbiamo una piattaforma per ‘leggerli’ e creare strategie di marketing. Ci sono rischi legati alla privacy, ma il punto è sempre capire fino a dove siamo disposti a spingerci”.
Oggi le aziende hanno a disposizione moti dati, ascoltano le persone. Bisogna considerare che esiste un rapporto tra emotività ed azioni dei consumatori e una parte del cervello prende decisioni senza attivare un progetto razionale. È possibile lavorare su questo aspetto per capire meglio come vengono prese certe decisioni.
Obiettivo: capire la natura del brand
Mauro Porcini, Chief Design Officer di PepsiCo, ha ricordato che viviamo una fase di accelerazione di tendenze che erano già in atto.
“Oggi si tende a stare più vicino alle persone e a esserlo in modo autentico – ha detto Porcini – La tecnologia è d’aiuto, ma la leadership e il fattore umano restano fondamentali. Anche nelle aziende bisogna essere veloci, puntuali e allineati a ciò che avviene. Vanno bene dati e intelligenza artificiale, ma l’aspetto umano rimane decisivo. In questo periodo, nel nostro settore l’health & wellness ha avuto un’accelerazione, come anche la sostenibilità”.
Secondo Porcini, bisogna decifrare le emozioni delle persone, andare oltre il business, avere un motivo di esistere come azienda. Occorre capire in modo profondo la natura del proprio brand, il purpose.
“I brand hanno oggi anche la responsabilità di contribuire a migliorare la società”, ha concluso Porcini.
Questo spiega come mai molte aziende stiano lasciando Facebook: non vogliono essere associate a quei discorsi di odio e intolleranza a volte presente sul social network. Ma la pubblicità digitale è fondamentale e le Pmi non possono rinunciarci. In ogni caso, Mark Zuckerberg ha dichiarato che sono allo studio nuovi dispositivi per contrastare meglio il fenomeno degli haters su Facebook.
La ricetta del futuro: tecnologia abbinata a scienze sociali
Francesco Resta, rettore del PoliMi, ha ribadito che la rivoluzione digitale è una realtà.
Quali sono i rischi e le opportunità che questo comporta? “I rischi sono correlati soprattutto alla perdita di alcuni lavori, che vengono però rimpiazzati da nuove professioni – ha risposto Resta – Le opportunità sono molte: ad esempio, un digitale sempre più pervasivo in tutte le professioni lascerà maggior spazio alla parte più innovativa di ciascun lavoro. E chi si laurea sia in fisica sia in filosofia avrà le competenze necessarie per gestire ciò che avverrà in futuro perché serve una formazione che unisca la preparazione tecnologica alle scienze sociali. È questa la ricetta del futuro”.
La nuova filiera del marketing: in viaggio nella terra di mezzo
Come cambia la filiera del marketing nell’era post-lockdown? Se ne è parlato in un Webinar organizzato alla prima edizione online del Milano Marketing Festival.
Vittorio Meloni, direttore generale di Upa, ha premesso che il mercato pubblicitario è in difficoltà, ma nei prossimi mesi inizierà a invertire la tendenza e gradualmente si riequilibrerà tutto il comparto.
“Tutto si sta digitalizzando e la filiera deve diventare ancora più trasparente – ha detto Meloni – In questo periodo stiamo perfezionando un progetto di blockchain sull’investimento digitale con una piattaforma che potrà fare la differenza”.
Creare una cultura delle gare
Secondo Simona Maggini, Country Manager di WPP Italia, nel settore c’è bisogno di uno spirito collettivo e anche corporativo che spesso manca.
“In Italia manca un sistema virtuoso anche nel campo delle gare, che spesso sono vaghe – ha detto – All’estero riscontro invece più disciplina e trasparenza. Bisogna far nascere una ‘cultura’ delle gare, un atteggiamento condiviso e più rispettoso di chi lavora nel settore”.
Per Vicky Gitto, presidente di Adc, il mercato ha spesso costretto a piegare le agenzie a qualsiasi condizione. Cosa fare? “Nelle gare sono necessarie regole fisse e il gettone di partecipazione per chi partecipa – ha risposto – Già solo quest’ultimo porta a ottenere maggiore attenzione ai lavori proposti. Bisogna riorganizzare il rapporto agenzie-cliente per migliorare il modo di lavorare insieme”.
“Oggi tutti vogliono fare tutto e questo crea confusione, la nostra industry ha delle grandi responsabilità– ha spiegato Lorenzo Marini di Lorenzo Marini Group – In questo momento il mercato chiede qualità e posizionamento. Negli Stati Uniti si fanno in proporzione meno gare rispetto all’Italia perché le agenzie sono più posizionate”.
In futuro Marini prevede maggiore attenzione ai messaggi mirati. Le persone oggi leggono notizie di vario genere, e sono pronte a tutto, ma alla pubblicità chiedono una sorta di “stabilizzazione emotiva”.
Valorizzare la qualità delle persone
Secondo Carlo Noseda, presidente di Iab Italia, in questi giorni il ruolo del digitale è cambiato molto. Da strumento freddo è diventato, durante il lockdown, mezzo in grado di trasmettere emozioni.
“Quest’anno ci sarà una forte riduzione dei ricavi e, di conseguenza, la filiera sarà razionalizzata – ha detto Noseda – Bisogna valorizzare la qualità delle persone, la creatività che nasce anche tramite il digitale. Per quanto riguarda le gare, bisogna essere tutti allineati e inserire qualità nel processo delle gare. Occorre evitare il ‘Far West’ ed essere coesi, coerenti, valorizzando le persone”.
Per Paolo Duranti, direttore commerciale di Auditel, il dato è importante perché consente di dare indicazioni oggettive quando tutto avviene con la misurazione di terze parti.
“Il nostro obiettivo è fornire al mercato digitale indicazioni oggettive – ha concluso Duranti – Per farlo, stiamo lavorando su una libreria di contenuti univoci che sarà una nuova, grande mappatura”.
Le nuove forme di comunicazione al di là dello spot
In occasione del Webinar “Le nuove forme di comunicazione al di là dello spot” è intervenuto Federico Capeci, Ceo di Kantar Italia, che si è soffermato sui cambiamenti nella comunicazione dovuti al lockdown.
Cosa ci aspetta ora? “Alcune cose torneranno lentamente come prima, ma mi aspetto una focalizzazione sul valore, e un tema come la sostenibilità sarà vissuto sempre di più come una necessità – ha detto – Nei prossimi anni saranno importanti il tono di voce, che dovrà essere rassicurante ma non noioso, il carattere emotivo, la prossimità e i benefici”.
Andrea Fontana, sociologo dell’Università di Pavia, ha spiegato come con il lockdown siamo passati da una narrazione precedente, basata su persone che ballavano, cantavano e viaggiavano, a una focalizzata su intimità, cura, prudenza e gentilezza.
“In futuro bisognerà trovare il giusto equilibrio tra la comunicazione pre e post lockdown – ha spiegato – Saranno necessari racconti pratici, vicini ai bisogni reali, che metteranno le aziende di fronte a nuove sfide”.
Andrea De Micheli, presidente e amministratore delegato di Casta Diva Group, ha citato una ricerca realizzata con Astra da cui è emerso che i clienti hanno apprezzato gli eventi online, ma ora hanno nostalgia di quelli fisici, tradizionali.
Secondo Ottavio Nava, Ceo di We Are Social, in questi mesi abbiamo attraversato diverse fasi: preoccupazione, paura, speranza, ritorno ad alcune abitudini, timore per la crisi economica. “Le aziende hanno dovuto adeguarsi a queste fasi – ha spiegato – Qualcuna ha scelto di non comunicare, altre invece lo hanno fatto in modo diverso e abbiamo assistito anche a donazioni e riconversioni dell’attività. Ma in realtà, questa fase ha solo accelerato fenomeni già in atto.
L’umanesimo del marketing futuro
Per ultimo Paolo Landi, fondatore di Landi Comunicazione, si è soffermato sul conformismo che spesso permea i social network, anche se il lockdown ha sfatato parecchi miti.
“Il futuro della comunicazione non vedrà l’abbandono delle modalità tradizionali, ma registrerà molti cambiamenti – ha concluso – Ad esempio, gli influencer dovranno ripensare il loro ruolo e i punti vendita inizieranno una trasformazione con la nascita di zone relax, dove non ci si sentirà obbligati ad acquistare. Non si parlerà più solo di prezzo e qualità di prodotti spesso simili, a fare la differenza sarà il fattore umano. Il marketing del futuro parlerà la lingua dell’umanesimo”.
L’innovazione come fattore di successo
Come sempre, un elemento fondamentale per avere successo nei prossimi anni sarà l’innovazione. Di questo aspetto ha parlato Guido Di Fraia, Ceo del Laboratorio di Intelligenza, secondo cui i Big Data per marketing e comunicazione forniranno grande valore, a condizione che siano interpretati al meglio.
“L’intelligenza artificiale è una grande abilità e in futuro sarà trasversale fino a diventare una vera e propria commodity – ha detto Di Fraia – Tra qualche anno sono convinto porterà a un cambiamento ancora più disrupting del digitale”.
Brand e sostenibilità
Il valore del brand e i temi legati al rapporto tra aziende e sostenibilità sono stati i temi al centro dell’ultima giornata del Milano Marketing Festival.
Nell’ambito del Webinar “Il valore di un brand, immagine e reputazione” è intervenuta, tra gli altri, anche Luciana Mirizzi, direttore marketing consumer di Fastweb, che ha detto: “Anni fa abbiamo cercato di costruire una relazione più vera e trasparente con il cliente, una scelta che ha avuto un impatto importante sulla nostra reputation. Abbiamo ottenuto maggiore valore per il brand e raggiunto significativi risultati finanziari. Basti pensare che abbiamo chiuso il 27esimo trimestre consecutivo in positivo”.
Il concetto di trasparenza è alla base della scelta di Fastweb, che due anni fa ha scelto di rompere con alcune abitudini diffuse nel settore delle telecomunicazioni e ha preso decisioni quali l’eliminazione dei vincoli per i clienti (si può lasciare Fastweb senza penali), la bolletta unica senza costi aggiuntivi e le nuove offerte possibili non solo per i nuovi clienti, ma anche per quelli esistenti. Una scelta che, come si è visto, ha ripagato.
Nell’ambito dei brand un lavoro difficile è stato quello affrontato da Marco Palocci, direttore delle relazioni esterne e istituzionali del Gruppo MPS, che è partito dalla situazione critica di una banca in profonda crisi per focalizzare l’attenzione sul valore di un brand antico e su un rapporto con i clienti rimasto forte, nonostante le difficoltà. Su queste basi è nato un lavoro per ricostruire, passo dopo passo, l’immagine e la reputazione di Monte dei Paschi di Siena.
Imprese e sostenibilità: il Rinascimento dell’industria
Un altro tema affrontato oggi al Milano Marketing Festival è stato quello del rapporto tra aziende e sostenibilità. Gianandrea Abbate, founder di Emotional Marketing, ha premesso come la sua azienda faccia studi sull’emozionalità tramite algoritmi per mappare il comportamento dei consumatori. Uno di questi studi è stato dedicato proprio all’apprezzamento dell’impegno sociale e ambientale delle aziende, visto con favore dal 77% delle persone, anche se esiste un 22% che lo considera un approccio un po’ troppo paternalistico.
Bruno Villani, presidente di Aldai-Federmanager, ha detto che oggi i tre elementi cardine da tenere in considerazione in un’azienda sono le tre P: profitto, pianeta, persone. Per garantire una crescita sostenibile le aziende dovrebbero trovare il mix migliore tra questi aspetti.
“Occorre un cambio di cultura: l’industria deve rapportarsi con la sostenibilità e anche saper creare un clima positivo al suo interno, che può garantire ricadute positive sulla produttività – ha detto Villani – Molti grandi aziende lo hanno capito e in questo periodo aumenta infatti la ricerca di manager capaci di gestire anche le problematiche di sostenibilità. Questa attenzione sempre più diffusa al rapporto con l’ambiente denota un Rinascimento dell’industria”.
ComunicazioneEventi