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30 04 2024

L’attention al centro delle decisioni

Occorre la consapevolezza che è necessario mettere l’attention al centro delle decisioni. Questo è il messaggio lanciato in occasione dell’edizione 2024 dello IAB Attention Day, che si è svolto al Base di Milano.

In quest’occasione Enrico Maschio, responsabile marketing strategico di Rai Pubblicità, ha presentato i risultati di una ricerca nata per capire il grado di conoscenza, fiducia, adozione e finalità con cui viene approcciata l’attenzione.

L’importanza della misurazione

L’indagine ha preso in considerazione 334 operatori della filiera digitale. Di questi, il 92% ha dichiarato di ritenere importante la misurazione dell’attenzione, ma solo il 51% ha detto di conoscere le metriche che la regolano.

È stato poi chiesto a cosa serva la misurazione dell’attenzione. Le risposte sono state:

  • consente di ottimizzare il Roi delle campagne (92%);
  • elimina le wasted impression (80%);
  • aumenta i prezzi degli spazi sui media (60%);
  • riduce il valore della singola impression (36%);
  • permette di ottimizzare il media buying (36%).

La misurazione è ritenuta importante in diverso modo per:

  • digital video (91%);
  • social (84%);
  • Ctv (81%);
  • digital display (82%);
  • digital OOH (78%);
  • native advertising (78%);
  • digital audio (77%).

La creatività innesca l’attenzione

 “L’85% delle persone intervistate ha detto che la misurazione è importante per la brand awarness, l’83% per la brand lift, il 76% per la conversion – ha proseguito Maschio – A innescare l’attenzione sono creatività (83%), contenuto (78%) e targetizzazione (68%)”.

L’indagine ha poi chiesto se nell’ambito dell’attività professionale sia già capitato di approcciare le attention metrics. Le risposte sono state:

  • sì e lo rifarò (31%);
  • no, ma mi interessa capire meglio (44%);
  • no e non lo rifarò (31%).

Per quali tipi di pubblicità è stata misurata l’attenzione su una più campagne?

  • digital display (88,4%);
  • short-form digital video (53,9%);
  • adv in social media platforms (30,9%);
  • long-form digital video (30,9%).

Le sfide da affrontare

La ricerca ha individuato tre tipologie di clienti:

  • attendisti (40%);
  • pessimisti (32%);
  • entusiasti (28%).

In particolare, ai pessimisti è stato chiesto perché non ci credono. Le risposte sono state:

  • non ci sono metriche testate affidabili per misurare l’impatto (86%);
  • la misurazione dell’attenzione non è ancora uno standard (71%).

“In conclusione, possiamo dire che la misurazione è considerata molto importante, ma è ancora poco conosciuta – ha detto Maschio – Le sfide da affrontare sono efficacia, coverage e standardizzazione, per la quale ci deve essere un riconoscimento del mercato”.

Sara Dragonetti, Sales Director di Channel Factor, ha sottolineato che diverse ricerche hanno evidenziato l’importanza del contesto, che può essere suitability o meno.

Per Corrado Massaro, General Manager di Outbrain, non tutte le viewability sono uguali perché per avere un impatto sulla memoria occorrono almeno 2,5 secondi di attenzione attiva.

“L’85% dei formati non raggiunge questo livello di esposizione e il 36% dei buyer acquista solo quando l’attenzione è al centro – ha spiegato Massaro – L’attenzione va considerata un aspetto predittivo per gli impatti nell’acquisto”.

I risultati delle campagne ottimizzate

In questo periodo crescono i formati per pagina nel Web e il contesto è sempre più importante perché crea impatto, ricordo. Quest’ultimo deve essere trusted perché così viene considerato attendibile il messaggio. La creatività dinamica stimola poi l’engagement.

Ci sono vari elementi da considerare quali:

  • numero di secondi di visualizzazione;
  • ampiezza dei messaggi;
  • interazioni;
  • ad density;
  • eye tracking;
  • percentuale dello screen.

“Campagne ottimizzate in base all’attention ottengono significativi risultati migliori – ha concluso Massaro – Abbiamo stimato un incremento di 3,5 volte della brand recall e di 1,5 volte della brand consideration”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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