14 05 2021
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Fiducia, relazioni e comunicazione: come è cambiata la società italiana nell’era del Covid-19? Alcune risposte sono arrivate da una recente ricerca BNP Paribas Cardif, che ha fotografato la situazione.
Prima la salute
Come prevedibile, il concetto di salute è diventato ancora più importante che in passato e nella classifica dei valori occupa il primo posto con il 54%, seguita da onestà (51%), famiglia (42%), rispetto della natura ed equilibrio interiore (entrambi al 41%).
Un’altra tendenza che emerge è il ritorno alla famiglia, intesa come luogo caratterizzato dalla fiducia (95% molto o abbastanza). Seguono gli amici (86%), ma la percentuale di chi si fida molto o moltissimo non va oltre il 45%. La pandemia ha avuto tra le sue conseguenze anche quella di avere ridotto la fiducia verso il prossimo anche all’interno della propria comunità.
L’azienda come “seconda famiglia”
Migliore è invece la fiducia riposta nell’azienda, che arriva fino all’84%. Una fiducia che riguarda i colleghi (77%), il capo (75%) e il capoazienda (72%).
Quali sono i principali motivi di questa fiducia diffusa? Soprattutto la capacità di prestare attenzione ai dipendenti (58%), la serietà e trasparenza (55%), la solidità, (43%), l’attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale (31%).
Per riporre fiducia nei brand le caratteristiche più apprezzate sono la serietà (43%), il buon rapporto qualità-prezzo (42%), la vicinanza al cliente (40%) e la sostenibilità (35%).
Tra le fonti di informazione ritenute più affidabili prevalgono i telegiornali (51%), seguiti da quotidiani e riviste online (27%), social (19%) e stampa cartacea (17%).
Voglia di socialità
E le relazioni? Il 29% dichiara un aumento della voglia di socialità dall’inizio della pandemia, ma c’è anche un 17% che si è chiuso e non avverte questa necessità.
Infine, lo smart working, uno dei grandi protagonisti del periodo che viviamo. Il 37% degli intervistati preferisce lavorare in ufficio, il 29% da casa e il 34% preferirebbe poter alternare.
Nel dato bisogna però considerare che circa il 50% delle persone svolge un’attività che richiede necessariamente la presenza (38%) o non ha comunque praticato il lavoro agile in questi mesi (14%).
Dati e ricerche