27 07 2022
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Negli ultimi tre anni il 97,3% degli italiani ha richiesto un numero sempre maggiore di informazioni e ha contribuito alla loro circolazione, ma troppo spesso si è imbattuto in fake news. Se ne è parlato nei giorni scorsi al Senato della Repubblica al convegno “La buona comunicazione dell’emergenza quotidiana”, durante cui è stato presentato il Rapporto Ital Communications-Censis.
Affidarsi a fonti affidabili
“Si è ormai creata un’infodemia comunicativa che spesso crea confusione e ansia – ha detto Domenico Carlotta di Ital Communications – Solo una parte dell’informazione è vera e spinge a una riflessione. Bisogna quindi monitorare l’informazione per affidarsi a fonti affidabili, certificate e indipendenti come le agenzie di comunicazione”.
Secondo il Rapporto di Ital Communications e Censis durante la pandemia i più consultati sono stati i media tradizionali (82%), seguiti da quotidiani online (54,4%), siti Internet di fonti ufficiali (51,4%) e social media (38,8%).
Secondo il 64,2% degli italiani, durante l’emergenza è stata adottata una comunicazione tesa a suscitare emozioni piuttosto che a comprendere i fatti. Il 57,7% degli italiani, ad esempio, oggi è confuso dall’informazione sulla guerra.
L’84,4% dice di essersi imbattuto in fake news sulla pandemia e il 66,1% sull’invasione dell’Ucraina. Il 45,5% preferisce affidarsi a fonti informali di cui si fida.
“In questo contesto, le agenzie di comunicazione sono garanti della qualità dell’informazione”, ha commentato Anna Italia del Censis.
Tre regole per arginare le notizie false
Come contrastare le fake news? Ad esempio, con:
- regole più severe per piattaforme e social;
- programmi di educazione al digitale e alla comunicazione:
- promozione di una comunicazione affidabile gestita da professionisti.
“I professionisti devono essere presenti anche sulle piattaforme social – ha concluso Anna Italia – Blogger e influencer devono poi essere tenuti in considerazione”.
I professionisti della comunicazione nuovi pionieri
Secondo Massimiliano Valeri del Censis siamo entrati in un’era in cui non c’è più la comunicazione verticale e ogni soggetto può diventare produttore di contenuti. Al centro non ci sono più i media, ma i soggetti.
Si assiste a un calo dei consumi delle famiglie, ma la voce di spesa per computer e smartphone è aumentata. Questo perché i dispositivi digitali sono visti anche come uno strumento per aumentare il proprio potere di autodeterminazione.
Un fenomeno a cui si assiste con preoccupazione è la permeabilità del corpo sociale anche a credere a volte a notizie che contrastano con la scienza. “Questo crea anche frustrazione tra i professionisti della comunicazione, ma è un atteggiamento sbagliato – ha detto Valeri – Nel nuovo contesto devono invece svolgere un ruolo da pionieri, ma senza rinunciare all’audience. Questo anche per evitare la netta divisione tra cultura alta e bassa, un rischio che va scongiurato”.
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