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20 06 2024

Il 35% delle Pmi investe poco nel digitale

Il 35% delle Pmi italiane investe poco nel digitale perché ha ancora difficoltà a valutare gli impatti.

L’allarme è stato lanciato al Politecnico di Milano, in occasione del convegno “Digital e green: le Pmi verso la twin transition”.

Bisogna migliorare connettività e competenze

Dallo studio del Politecnico emerge anche che solo il 49% ha una connessione FTTH e il 65% dichiara di aver collaborato con soggetti esterni in progetti per la trasformazione digitale.

Il 76% ritiene prioritario perseguire obiettivi green, il 49% fa formazione continua per il personale e solo il 10% ha inserito figure specialistiche.

“Da un’analisi della situazione attuale emerge che occorre migliorare la connettività e le competenze – ha detto Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano – Investire in questa direzione è indispensabile affinché si possa abilitare la transizione digitale e green, che si rincorrono e stimolano a vicenda. È un aspetto fondamentale per la competitività delle aziende e anche del Sistema Paese”.

I quattro cluster

Il Politecnico di Milano ha individuato quattro cluster tra le Pmi:

  • beginners (29%);
  • digital & green leaders (25%);
  • digital & green explorers (23%);
  • digital driven pioneers (23%).

Rorato ha ricordato l’importanza delle Pmi per l’economia italiana: sono oltre 23 mila, pari al 5% del totale, e occupano il 34% delle persone del settore privato.

I settori più rappresentati sono manifatturiero (29%), commercio (18%), alloggio e ristorazione (12%).

Obiettivi e ostacoli

“Gli investimenti maggiori delle Pmi per il digitale sono soprattutto su soluzioni di base di sicurezza informatica, software per la gestione amministrativa e contabile – ha detto Niccolò Ulderico Re, ricercatore del Politecnico di Milano – Sono invece ancora pochi quelli per la business intelligence e anche per l’e-commerce”.

I principali ostacoli al processo di digitalizzazione sono:

  • assenza di adeguate competenze digitali in azienda (34%);
  • eccesso di burocrazia/poca chiarezza nell’accesso ai programmi pubblici (28%);
  • incertezza su implicazioni e responsabilità nell’adozione di nuove tecnologie (25%).

Tra il 78% di Pmi che ritiene necessario perseguire obiettivi legati alla sostenibilità ambientale, le motivazioni sono:

  • reputazione e immagine aziendale (68%);
  • efficienza operativa (65%);
  • conformità normativa (52%);
  • differenziazione rispetto alla concorrenza (34%).

Nel restante 24% che non sembra interessato agli aspetti green, le spiegazioni sono:

  • mancanza di informazioni su opportunità e benefici (43%);
  • costi di realizzazione (41%);
  • mancanza di competenza interne (39%);
  • mancanza di incentivi pubblici (28%).

Le azioni portate avanti in azienda per migliorare l’uso delle risorse sono:

  • risparmio energetico (74%);
  • riduzione degli sprechi (61%);
  • pratiche di riciclo (42%);
  • utilizzo di risorse energetiche rinnovabili (31%).

“Il 57% delle Pmi impiega strumenti digitali o pratiche legate alla trasformazione green”, ha concluso Re.

Digitale e salute mentale

 Marco Bianchini dell’Oecd ha sottolineato che la digitalizzazione ha un impatto positivo sulla produttività. Da una survey condotta in sette paesi, tra aziende che hanno già un utilizzo di base del digitale, è emerso che le principali barriere alla trasformazione digitale sono la mancanza di competenze e i costi.

Circa le metà delle Pmi intervistate ha detto di utilizzare tool digitali per valutare l’impatto ambientale e il 18% ha detto di aver già usato l’AI generativa.

Per quanto riguarda l’impatto del digitale sulla salute mentale, è emerso che per l’87% la tecnologia permette più flessibilità sul lavoro, ma oltre un terzo del campione è preoccupato per l’aumento di stress e isolamento.

 

 

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