10 10 2023
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A IF!23, il Festival della Creatività che si è svolto il 6 e 7 ottobre a Milano, si è parlato di come riaffermare la cultura del rispetto di genere. In quest’ambito, la associazioni di settore hanno presentato il piano d’azione United for Respect.
Le discriminazioni sul lavoro
Secondo un dato dell’Istat, in Italia il 43% delle donne tra i 14 e i 65 anni ha vissuto esperienze di molestie.
“Le molestie sessuali sono un aspetto del sessismo, che è un fenomeno più ampio basato sugli stereotipi – ha spiegato la sociologa Chiara Saraceno – Appartenere a certe categorie viene ancora equiparato a essere meno capaci e porta discriminazioni sul lavoro. Le molestie in ambito lavorativo riguardano il 9% delle donne e, dato inquietante, negli ultimi tre anni sono aumentate le molestie nei confronti delle più giovani e istruite. Oggi aumentano le denunce, ma la ‘cultura della goliardata’ è purtroppo ancora diffusa”.
Più responsabilità
Per lo psicologo Massimo Giusti certi comportamenti sono spesso portati avanti da classi privilegiate. Le donne vengono così costrette a vivere situazioni d’inferiorità a cui non sanno come reagire. C’è un problema profondo di modelli di valori.
“In questo contesto, il mondo della pubblicità deve essere più responsabile – ha concluso Chiara Saraceno – Ma spesso si vede ancora una rappresentazione con troppi stereotipi”.
Lo studio nel settore adv
Le associazioni della comunicazione hanno risposto con un piano d’azione chiamato United for Respect. “Ci prendiamo le nostre responsabilità – ha spiegato Laura Corbetta, presidente di Obe – Il tema è quello del gender gap, in cui le molestie sono solo il punto dell’iceberg. Vogliamo avviare un processo strutturato per creare ambienti di lavoro inclusivi e rispettosi. Dobbiamo tutti imparare ad ascoltare per capire cosa succede. Ci vuole una trasformazione culturale che richiede tempo e a cui devono partecipare anche i brand. Tutto questo può essere visto come un’opportunità per cambiare le regole del gioco: il futuro è nelle nostre mani”.
Sono stati poi presentati i risultati di uno studio nel settore della comunicazione condotto da Adci, Iab Italia, Obe e Una su un campione di 500 persone. È emerso che, da uno a dieci, il valore di interesse è stato otto, l’ambiente di lavoro a rischio cinque e l’importanza per il settore pari a sei. Secondo gli intervistati, la situazione più frequente nelle proprie realtà è la presenza di un management maschile e questo riflette una bassa percezione del livello di diffusione dell’inclusività.
“Noi abbiamo lavorato sulle quote rosa, che possono accelerare il cambiamento – ha detto Stefania Siani di Adci – L’obiettivo di tutti deve essere fare emergere il talento ovunque sia”.
Gli ostacoli da superare
Secondo Barbara Bontempi di Iab Italia siamo in una situazione abbastanza ibrida. Quali sono le resistenze che impediscono di affrontare il tema?
- mancanza di riconoscimento del problema;
- mancanza di interesse;
- timore dell’impatto reputazionale.
Cambiare la cultura
Davide Arduini di Una ha spiegato che è necessario sostenere il cambiamento culturale in atto. Bisogna puntare su:
- condivisione e scambio di informazioni, buone pratiche;
- momenti pubblici;
- formazione specifica;
- campagne di comunicazione interne all’azienda.
“Occorre un cambiamento culturale, e noi ci mettiamo la faccia”, ha concluso.
Italia in ritardo
Barbara Falcomer ha presentato Valor D, associazione che da 15 anni lavora su questi temi. “Lavoriamo per rendere i luoghi di lavoro migliori – ha detto – Sul tema dell’inclusione l’Italia è però ancora molto indietro. Secondo il World Economic Forum, su 146 paesi siamo solo al 79esimo posto. Abbiamo una tradizione patriarcale che deve evolvere”.
Cosa devono fare le aziende
Filippo Muzi Falconi ha spiegato che Methodos si occupa da anni di cambiamenti culturali e pensa si debba passare all’azione diretta. Nelle aziende occorre:
- consapevolezza;
- desiderio di cambiare;
- imparare competenze e risorse per agire con successo;
- agire sviluppando senso di responsabilità individuale e collettiva.
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