09 05 2022
Take
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La medaglia d’oro di Tokyo Filippo Tortu, protagonista di campagne pubblicitarie curate da Take per Fastweb, è intervenuto alla seconda giornata del Milano Marketing Festival 2022. “Il talento è composto da fortuna e responsabilità – ha detto – Questo significa che se si nasce con talento bisogna sfruttarlo al meglio: è un dovere verso sé stessi e gli altri”.
Il legame con Fastweb
Salvino Tortu di Sprint Academy ha spiegato di aver creato nel 2017 una struttura che permette al figlio di pensare solo ad allenarsi e gareggiare. “Di tutto il resto ci occupiamo noi: fisioterapista, nutrizionista, preparatore atletico, tecnico, ufficio stampa, marketing – ha detto – Dopo le Olimpiadi questo ha permesso a Filippo di vere un contraccolpo più morbido dopo la vittoria nella staffetta. Ora è diventato anche un brand e devo ringraziare Fastweb e, in particolare, Luca Pacitto, per averci aiutato a trasmettere i valori positivi di Filippo”.
“Abbiamo puntato su Tortu in tempi non sospetti, scommettendo sulle sue capacità – ha spiegato Luca Pacitto di Fastweb – Quando lo abbiamo scelto è stato anche sulla base dei suoi valori e del team che gira intorno a lui. Questo ha permesso di fare un lavoro di squadra e di comunicare in modo coerente. Nella nostra idea il beneficio doveva essere per l’azienda, ma anche per l’atleta. E così è stato”.
Secondo Pacitto, lo sport è un teatro di valori che genera emozioni in tutti e, di conseguenza, avvicina le persone ai marchi. Per questo Fastweb ha creato un mix di sport che permette di parlare di valori comuni all’azienda, allo sport e agli atleti. Il successo poi passa per il coraggio delle scelte perché occorre individuare gli atleti giusti, capaci di trasmettere qualcosa.
“Il medagliere di Fastweb alle Olimpiadi è superiore a quello di molte nazioni – ha commentato Salvino Tortu – Hanno saputo scegliere bene considerando che nello sport c’è una componente di rischio legata ai risultati. Nel marketing sportivo sono importanti le relazioni tra le persone e la circolazione di idee. La vita di un atleta è come quella di un’azienda: all’inizio dell’anno si stabiliscono obiettivi e come raggiungerli e quando si esce dal porto bisogna avere ben chiaro dove si andrà ad attraccare”.
Tortu ha sottolineato che molti aspetti della vita di uno sportivo possono essere traslati alle persone normali. Una volta, alcune soluzioni tecnologiche adottate nella Formula 1 finivano poi sulle auto di serie. Lo stesso può valere per le persone: si può lavorare per le aziende replicando quello che si fa quando si segue un atleta: ad esempio, valutazioni di stress e stanchezza, analisi di postura e movimenti.
Il purpose e i valori aziendali
Il purpose è oggi una delle dimensioni più importanti per il mondo delle aziende. Emiliano Maria Cappuccitti di Coca Cola Hbc Italia ha sottolineato come sia legato ai valori. “La sostenibilità non deve essere solo ambientale, ma anche economica e sociale – ha detto – Noi abbiamo 17 Kpi da raggiungere a lavoriamo ogni giorno per questo. Il concetto di sostenibilità riguarda anche l’atteggiamento verso le persone, che devono stare bene all’interno dell’azienda”.
Paola Corna Pellegrini ha ricordato come Allianz Partners si sia impegnata nella sostenibilità sia all’esterno sia all’interno dell’azienda con iniziative che hanno riguardato tematiche come il cyberbullismo, la disabilità, la parità di genere e l’uso responsabile della Rete tra i giovani. Tutto sempre in base a un principio di coerenza e autenticità.
Chiara Bacilieri di Lifeed ha sottolineato come tre Millennials su quattro pensino che le multinazionali abbiano il potere di incidere non solo sugli aspetti economici, ma anche ambientali e sociali. “La responsabilità sociale è anche psicologica e culturale perché i brand hanno un impatto sulle persone, basti pensare a quando vengono veicolati alcuni stereotipi – ha detto – Oggi il marketing non è più solo comunicazione persuasiva, ma deve dimostrare di avere un impatto sociale. Lo storytelling è ormai in declino: per le persone non è importante quello che i brand raccontano, ma ciò che fanno in concreto. Bisogna puntare all’umanizzazione del brand”.
Gian Luca Teppati di OOMM Consulting ha detto che per tradurre il purpose in atti concreti bisogna cambiare stile manageriale. Bisogna passare dal potere alla responsabilizzazione e creare una “cultura dell’errore”, che permette di osare e creare. “Ogni azienda deve identificare dei valori, ma non troppi: ne bastano quattro. E poi occorre mettere le persone nelle condizioni di interiorizzarli – ha spiegato Teppati – Anche il divertimento è fondamentale nelle imprese perché crea engagement. Sono poi necessari ascolto, accoglienza e accompagnamento. Non bisogna riempiersi la bocca di paroloni, ma essere sempre chiari e concreti”.
Neuromarketing per incrementare le vendite
Vincenzo Russo dell’Università Iulm ha parlato dell’evoluzione del neuromarketing. “Le neuroscienze permettono di andare al di là di quello che le persone non dichiarano e misurano le emozioni – ha detto – Negli ultimi anni gli investimenti delle aziende in questo settore sono cresciuti del 12%, a dimostrazione del forte interesse. Oltre alle macchine è importante la conoscenza del cervello e oggi sappiamo quali sono le aree più importanti per misurare dei concetti di marketing”.
Per le etichette dei prodotti si studia quanto tempo ci mette il consumatore ad arrivare a un’informazione e, di conseguenza, si decide come posizionare una scritta e quale colore usare per attirare l’attenzione. Le etichette vengono viste diversamente se si è esperti o meno di un prodotto (si pensi al vino) e anche se si è uomini o donne. La stessa analisi si può fare anche in uno stadio per verificare quanto vengono visti determinati messaggi pubblicitari.
“Il neuromarketing permette di analizzare e studiare come migliorare la visibilità di un prodotto e per farlo noi abbiamo creato anche un Neuro Retail, che permette di fare delle simulazioni virtuali all’interno di un supermercato – ha concluso Russo – Sono valutazioni importanti perché aumentare la visibilità del 10% permette di incrementare le vendite del 35%”.
Il ruolo degli influencer marketing
Oggi il marketing deve considerare anche la possibilità di usare degli influencer per veicolare i prodotti. Quali criteri devono usare le aziende per scegliere? “Bisogna analizzare i contenuti e non decidere in base al numero di follower, ma osservare come le persone interagiscono – ha risposto Fabriana Andreani, Digital Content Manager – Occorre capire se tutto si ferma a semplici apprezzamenti o se nascono considerazioni interessanti e suscettibili di sviluppi interessanti”.
La tech influencer Laura Fasano ha spiegato che l’influencer piace di solito alle persone soprattutto per la personalità, mentre ai brand perché riesce a rendere un prodotto “umano”, con conseguenti guadagni.
Cosa fare per diventare una buona influencer? “Bisogna saper usare i social con consapevolezza – ha spiegato Nilufar Addati – Io cerco sempre di essere me stessa, parlo di temi che mi rappresentano, non fingo. E questa la gente lo percepisce”.
Comunicazione