23 09 2021
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Il tema conduttore dell’edizione 2021 del Festival della Comunicazione di Camogli è la conoscenza. Ne ha parlato Piero Angela, secondo cui conoscere è una delle grandi leve dello sviluppo umano.
“Nella scienza c’è una grande distinzione tra ciò che si sa e ciò che non si sa – ha spiegato – In passato contava il concetto ‘ipse dixit’, ma è contestabile. Erastatone, nel 400 a.C., ha misurato la circonferenza terrestre con una buona approssimazione. Questo per dire che esistevano grandi menti, ma oggi in più abbiamo il metodo. E nella scienza è un po’ come nello sport: contano i risultati, non quello che si è fatto in precedenza”.
Secondo Angela gli scienziati possono avere anche idee diverse, ma questa va considerata una ricchezza perché ci possono essere diverse strade da percorrere per raggiungere un risultato. E una cosa sono le conoscenze un’altra le opinioni.
L’effetto placebo
Il divulgatore scientifico si è poi soffermato su alcuni fenomeni psicologici che vengono abilmente sfruttati da chi ne ha un tornaconto. Ad esempio, i chiromanti o cartomanti dicono alle persone che vanno da loro alla ricerca di risposte una decina di cose. Di queste, quattro magari sono sbagliate, tre si adattano più o meno a tutti e altre tre calzano bene. Quando le persone terminano gli incontri di solito tendono a ricordarsi solo quelle più indovinate, che sembrano avere risposto in modo giusto alle loro richieste, e si dimenticano il resto.
Lo stesso vale per le medicine alternative e l’omeopatia, che secondo Angela si basano soprattutto sull’effetto placebo. Ha raccontato di essere stato denunciato cinque volte per averlo spiegato durante delle trasmissioni televisive ed è stato sempre assolto perché ha solo evidenziato che venivano fatte affermazioni non provate.
“La conoscenza è un bene prezioso e la scienza ci ha aiutato a capire molte cose – ha concluso – È stato lo sforzo di lavoro di tanti ricercatori che ha permesso di raggiungere determinati risultati. È che con la conoscenza che si possono prendere decisioni”.
La coscienza come parte emersa di un iceberg
Il filosofo Massimo Cacciari è poi intervenuto sul tema della coscienza. “I nostri processi consci affondano le radici nell’inconscio e questo non è Freud, ma neurologia – ha spiegato – Non esiste nessun primato del concetto dell’io penso, c’è invece un inconscio genomico, dentro ciascuno di noi. E c’è anche un inconscio archetipo, antropologico e culturale”.
Secondo Cacciari, la coscienza è la parte emersa di un grande iceberg e la comprensione più precisa delle basi neuronali della coscienza significa la comparsa rivoluzionaria della soggettività caratterizzata, ad esempio, anche da emotività e affettività.
“Siamo in un momento di grandi cambiamenti e dobbiamo guardare con ottimismo alla tecnologia, all’intelligenza artificiale – ha concluso Cacciari – Questo perché un giorno potrà portare l’uomo a liberarsi dalla fatica del labor”.
I ritardi della neuroscienza
Guido Barbujani ha spiegato come, in realtà, del funzionamento del cervello non si è capito finora molto. Abbiamo una ricerca fenomenologica, ma non sappiamo i principi primi, non sappiamo rispondere alle domande di base.
“La neuroscienza è ancora a uno stadio poco evoluto rispetto ad altre scienze – ha concluso – I meccanismi della memoria, ad esempio, sono poco conosciuti. È quindi un campo in cui esistono ancora molti margini di sviluppo”.
La ricerca su italiani e sostenibilità
“Gli italiani e la sostenibilità: mito meta?”. A questa domanda ha risposto Nando Pagnoncelli, che ha presentato uno studio di Ipsos.
“Innanzitutto, desidero ricordare una frase di Alex Langer, che ben inquadra la questione – ha detto Pagnoncelli – Secondo lui, la conoscenza ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile”.
Etica, paura e qualità
Dall’indagine è emerso che il 37% degli italiani conosce bene il concetto di sostenibilità, il 35% solo superficialmente, il 18% non lo conosce e il 10% ne ha un’idea distorta.
Il 21% pone un’attenzione al comportamento delle aziende maggiore che in passato e il 31% vorrebbe che si facesse di più.
Per il 65% degli intervistati è giusto che marchi e aziende si espongano rispetto a tematiche sociali rilevanti (era il 46% nel 2019) e il 56% dei top manager ritiene che il tema della sostenibilità sarà sempre più importante.
Per il 72% degli italiani, nel lungo periodo i cambiamenti climatici saranno una crisi più seria del Covid-19. Per fare un raffronto con l’estero, questo dato è l’87% in Cina, il 76% in Francia, il 73% in Spagna, il 69% in Germania, il 66% in Gran Bretagna e il 59% negli Stati Uniti.
In Italia, il 55% delle persone ritiene che l’approccio della politica e delle istituzioni alle tematiche ambientali e delle energie rinnovabili è insufficiente, anche se per il 51% si fa di più rispetto al passato.
Il 72% pensa che il recovery fund sia importante per un rilancio sostenibile dell’economia. Per il 68% lo sviluppo post-Covid del Paese deve essere legato alla sostenibilità.
Le forze che spingono verso la sostenibilità sono tre:
- etica (rispettare l’ambiente);
- paura (cambiamenti climatici, impatti negativi sull’ambiente);
- qualità (beni e prodotti sostenibili, acquisti più responsabili).
La raccolta differenziata come indicatore di senso civico
L’82% ritiene che i cambiamenti climatici dipendano largamente dalle attività umane e l’80% pensa che ci sarà un disastro ambientale se non cambieremo rapidamente abitudini.
In Italia, l’85% ha voglia di cercare prodotti più sani e migliori per l’ambiente (91% in Cina 91%, 83% in Francia, 80% in Spagna, 70% in Usa, 70% in Gran Bretagna e 65% in Germania).
Alla domanda su cosa ha intenzione di fare per limitare il suo contributo al climate change, gli italiani hanno risposto così:
- evitare prodotti con pack eccessivi (55%);
- usare materiali più riciclabili (50%);
- ridurre il consumo di energia (49%);
- ridurre l’uso dell’auto (43%);
- ridurre i viaggi in aereo (39%);
- ridurre il consumo di carne (38%);
- ridurre il consumo di latte e latticini (33%).
Per l’87% delle persone intervistate fare la raccolta differenziata è un indicatore di senso civico. Il 93% lo fa per la plastica, il 91% per carta e vetro e l’88% per l’umido.
I quattro gruppi tipologici della sostenibilità
In Italia si possono individuare alcuni gruppi tipologici della sostenibilità:
- sostenitori (22%, credono nella sostenibilità, sono consapevoli);
- aperti (41%, sono attitudinalmente predisposti);
- scettici (19%, dubbiosi, con scarsa spinta attitudinale);
- indifferenti (18%, senza interesse per questi temi).
In generale, aumenta però lo scetticismo: alcuni consumatori sospettano azioni di green & social washing.
“Tutti sono chiamati ad agire, nessuno si salva da solo e cresce la voglia di regolamentazione”, ha spiegato Pagnoncelli.
Per il 79% degli intervistati le aziende non prestano ancora sufficiente attenzione all’ambiente. I consumatori vedono una crescita della responsabilità sociale, anche se vorrebbero di più. Per il 67% è difficile riconoscere le aziende responsabili.
I settori che si pensa più dovrebbero aumentare la sostenibilità sono:
- energia, petrolio, gas;
- auto, veicoli;
- industria alimentare, agricoltura;
- moda, abbigliamento e tessile.
Per gli italiani le priorità delle aziende dovrebbero essere:
- ridurre le emissioni e l’impatto ambientale (58%);
- migliori condizioni lavorative per i dipendenti (45%);
- ridurre imballaggi, confezioni e spreco di risorse (41%);
- migliore qualità di prodotti e servizi (27%).
Il ruolo fondamentale della comunicazione
Il 40% delle persone dichiara di conoscere i principi dell’economia circolare e i comportamenti che si è disposti ad adottare sono soprattutto impegnarsi attivamente nello smaltimento (41%) e accettare prodotti meno belli esteticamente (35%).
Il 16% degli italiani è disposto anche a riconoscere più del 10% del prezzo per prodotti sostenibili.
“In questo contesto la comunicazione svolge un ruolo fondamentale – ha concluso Pagnoncelli – Aumenta il livello di discernimento e coinvolgimento fino a creare consenso”.
Ripresa economica e sostenibilità vanno di pari passo
Secondo il giornalista Ferruccio De Bortoli in Italia siamo avanti nell’economia circolare, abbiamo investito nelle rinnovabili e questo crea buone premesse.
Gabriele Galateri Di Genola, presidente di Assicurazioni Generali, il collegamento tra ripresa economica e sostenibilità è non solo compatibile, ma necessario. “A questo Festival si parla della conoscenza, che non finisce mai – ha detto – Anche il lockdown, con il blocco delle attività, ha portato a nuove conoscenze. Il settore assicurativo si è dimostrato molto resiliente, ma viviamo un periodo di grandi cambiamenti che portano a nuovi rischi, tra cui quelli ambientali e climatici. Per questo stiamo lanciando un programma per creare un fondo composto da assicuratori e istituzioni in grado di affrontare nuovi rischi come la pandemia”.
Per Antonio Baravalle, amministratore delegato di Lavazza, la sostenibilità ha bisogno di un piano integrato a livello nazionale ed europeo e non essere lasciato solo alla responsabilità delle singole aziende. “Noi abbiamo come obiettivo azzerare le emissioni aziendali entro il 2030. La direzione è questa, ma ci vuole una regia generale”, ha concluso.
Luigi Ferraris, amministratore delegati delle Ferrovie dello Stato, ha spiegato che bisogna progettare le infrastrutture sulla base di un concetto di sostenibilità a 360 gradi e digitalizzazione. “È necessario pianificare in modo integrato, tenendo conto delle esigenze dei viaggiatori”.
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