24 10 2022
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L’ibridazione dei canali online e fisici è il trend del momento. La conferma è arrivata dall’Engage Conference 2022, durante cui sono stati presentati i risultati di YourSight, indagine realizzata da Human Highway giunta alla 19esima edizione.
A rispondere in questo modo è stato il 46% del campione intervistato, mentre il 30% ha evidenziato lo scenario post-cookie, il 27% i podcast e digital audio, il 25% l’intelligenza artificiale, il 24% l’addressable/connect tv e il 23% il brand activism.
Le parole del momento nel digital
L’indagine ha verificato anche le parole del momento nel settore digitale. Le più citate sono state:
- complicato (43%);
- dinamico (39%);
- promettente (13%);
- pieno di novità (10%);
- stagnante (6%).
“Gli inibitori allo sviluppo del marketing sono considerati soprattutto l’elevata confusione delle metriche e della misurazione (49%), la riduzione degli investimenti pubblicitari per i prezzi delle materie prime e la guerra (43%)”, ha commentato Giacomo Fusina di Human Highway.
La crescita del CTV
Alberto Vivaldelli di Upa ha sottolineato lo spostamento in atto di pubblico dalle piattaforme tradizionali ai nuovi media. “Si registra un calo della tv lineare, anche se non con segno univoco – ha detto – La connected tv invece cresce e diventa sempre più importante per il mercato pubblicitario”.
Il tema del digital audio è stato affrontato da Cristina Pianura di Audioboost, secondo cui l’audio ha la capacità di suscitare molta attenzione verso il contenuto pubblicitario da parte dell’utente, che seleziona già prima un podcast ed è quindi più predisposto all’ascolto.
“Le ricerche confermano l’elevata memorabilità dell’advertising ‘ascoltato’ anche per la sua capacità di sintonizzarsi emozionalmente con l’audience – ha spiegato – In questo contesto, i podcast sono i driver, ma non esauriscono il concetto di digital audio”.
Il trend dei video brevi
Un’altra tendenza in atto è quella dei video brevi, che negli ultimi tempi hanno attirato l’attenzione di molti brand dopo la crescita esponenziale di un social come TikTok.
“I video brevi piacciono molto anche perché performano – ha detto Eliana Salvi di Cosmic, agenzia specializzata in questo comparto – Questo grazie al fatto che usano un linguaggio meno tradizionale, nuovo e spesso sorprendente”. In particolare, l’autenticità diventa sempre più importante perché le nuove generazioni sono sempre meno predisposte ad accettare contenuti patinati.
L’advertising sostenibile
Oggi è necessario promuovere un advertising sostenibile e responsabile. Massimo Di Gennaro di Teads Italia ha suggerito alcune regole per un giusto approccio:
- sostegno al giornalismo di qualità (i brand devono presidiare questi ambienti per contrastare le fake news. Questo permette di migliorare anche i risultati della pubblicità);
- rispetto per i brand e per gli utenti (rispetto della privacy con ottenimento dei kpi desiderati);
- diversity & inclusion (ogni persona è unica e speciale. Inclusività significa anche dare voce alle minoranze);
- piattaforma sostenibile (la sostenibilità sta raggiungendo anche il settore Ad Tech. Oggi è necessario essere consapevoli dell’entità delle emissioni carboniche del digital advertising);
- programmi di media give-back (che implica cambiare i nostri comportamenti. Bisogna passare dalla brand safety alla brand responsability).
“Essere un advertiser responsabile è la cosa giusta perché protegge i brand, aumenta l’affinità con i consumatori e la reach”, ha concluso Di Gennaro.
Il futuro cookieless
La pubblicità digitale sta affrontando una radicale cambiamento che dovrà affrontare uno scenario senza cookie di terze parti, anche se Chrome ha posticipato la scadenza al 2024. Occorre approfittare del tempo in più a disposizione per prepararsi al meglio, coinvolgendo i brand.
“Ci sono opportunità da cogliere – ha detto Ilaria Zampori di Quantcast – Si possono trovare nuovi consumatori considerando anche che oggi oltre il 50% delle audience digitali sono già cookieless. Bisogna raggiungere queste persone misurando l’impatto e anticipando il futuro”.
Web 3.0 e metaverso, le aziende italiane
Oggi tutti parlano di metaverso, ma qual è la percezione che ne hanno le imprese italiane? Una risposta è arrivata da una ricerca realizzata da Web3Alliance, consorzio di aziende che si propone di sviluppare questo mercato, e The Innovation Group.
Alla prima domanda su qual è la conoscenza del metaverso, le risposte sono state:
- limitata (54%);
- buona (30%);
- l’ho sentito nominare, ma non lo conosco (13%);
- sono conoscitore e utente (3%);
- non ne ho mai sentito parlare (0%).
Dal punto di vista del business il metaverso è considerato una nuova opportunità dal 52% degli intervistati e un nuovo modo di interazione dal 30%. Tra i modelli di creazione del valore i più citati sono stati l’ingresso in nuovi mercati (52%), la nuova esperienza per i clienti (51%), la socialità delle persone (45%) e la possibilità di partecipare a ecosistemi innovativi (42%).
Qual è la situazione attuale di uso del metaverso? Le risposte sono state:
- fase di studio (64%);
- progetto pilota (7%);
- utilizzo ampio (3%);
- utilizzo selettivo (1%).
A spingere maggiormente a interessarsi di metaverso sono la brand awarness (45%), il lancio di nuovi prodotti e servizi (40%), la consapevolezza che rappresenta il futuro (37%) e le opportunità di business (37%).
Le tempistiche per gli sviluppi in azienda sono stimate in tre anni (28%), un anno (22%), 5-6 anni (10%), ma esiste anche un 7% che dichiara di essere già presente nel metaverso.
Tra progetti su cui si pensa di investire ci sono soprattutto gli eventi digitali, il branding/positioning, lo smart working, i prodotti digitali ad-hoc e gli NFTs. Gli sviluppi da portare sul metaverso sono la promozione del brand, i contenuti virtuali con cui i clienti possono interagire, la community per i clienti e l’advertising.
Alla domanda su quali sono le priorità da considerare per il successo del percorso, le risposte del campione sono state:
- dotarsi di persone e competenze specifiche (78%);
- avere l’aiuto di partner esterni specializzati (54%);
- investire in tecnologie adeguate (54%).
I settori aziendali coinvolti sono considerati soprattutto marketing/comunicazione (82%) e innovazione (54%), mentre le competenze ritenute necessarie sono content creation (76%), experience design (64%), cybersecurity (54%) e virtual advertising (54%).
“Nel metaverso non si può avere un approccio verticale, ma bisogna avere competenze e professionalità diverse”, ha spiegato Ivan Montis di Web3Alliance.
Il ruolo dell’AI
Quale ruolo avrà l’intelligenza artificiale nel futuro? Secondo Giulio Giovine di Italy Seedtag l’AI ci ha già portato all’interno di una nuova rivoluzione industriale, ma il suo ruolo non sarà quello di sostituire l’uomo, ma di liberare spazio per la sua intelligenza, che potrà essere dedicata ad altro.