22 10 2024
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Come colmare il gender gap in Italia, dove a livello retributivo esiste ancora un divario del 30% tra uomini e donne? Se ne è parlato in occasione di un webinar organizzato da The Watch Post.
Quattro ostacoli da superare
Mariasole Lisciandro del Post ha spiegato i quattro fattori che rappresentano ostacoli da superare:
- le donne lavorano meno tempo degli uomini (per maternità, congedi familiari, part-time);
- esiste una segregazione orizzontale (per motivi culturali vengono spesso scelti settori in cui le retribuzioni sono più basse e sono invece trascurate le materie scientifiche Stem);
- alle donne vengono offerte opportunità di carriera inferiori (in Italia, il 58,4% dei lavori impiegatizi sono ricoperti da donne, ma solo il 21% è a livello dirigenziale);
- esiste una fascia di vera e propria discriminazione (datori di lavoro che decidono di pagare meno le donne).
Rimane anche una differenza rispetto ad altri paesi. Si stima che in Europa serviranno almeno tre generazioni per ridurre il gap, mentre in Italia ne serviranno cinque.
Una strategia verificabile e concreta
“Nel nostro Paese c’è una cultura che discrimina ancora molto la donna – ha detto la senatrice Paola Mancini – Sono necessari più strumenti per affrontare il problema ed è importante insistere sulla certificazione perché pone le aziende di fronte alla necessità di andare in questa direzione. In futuro si dovrà puntare molto su nuovi servizi”.
“La rimozione del gap di genere sta diventando strutturale, ma sono necessari strumenti che facciano parte di una strategia di insieme verificabile e concreta – ha detto Elena Bonetti della Commissione Affari Sociali della Camera – Per essere efficaci ci vuole continuità e un’alleanza tra pubblico e privato. Questo però spesso ancora non avviene: oggi, ad esempio, i congedi di paternità obbligatori sono fermi, così come la premialità per le aziende virtuose”.
Secondo Elena Bonetti, la certificazione da sola non risolve i problemi, ma favorisce un cambio di passo. Occorrono ora processi di filiera virtuosi che coinvolgano le Pmi e le sostengano in queste scelte. Sarebbe necessario anche un intervento sul costo del lavoro.
Cambiare l’approccio culturale
“Noi affrontiamo il problema in un modo strategico e questo ha un impatto nel medio-lungo termine – ha detto Michela Giampietro di Vinci Energies Italia – Puntiamo sulla formazione e, in sinergia con società di consulenza, abbiamo intrapreso dei percorsi di formazione e sensibilizzazione per far prendere coscienza dei pregiudizi e dei bias cognitivi, che portano poi a limitare le scelte. Sono azioni mirate a cambiare l’approccio culturale che si propongono di ottenere benefici a livello sia lavorativo sia personale”.
Il problema delle materie Stem
Elena Bonetti ha ribadito che le donne scelgono ancora poco le materie Stem. Esiste un problema culturale e anche di insegnamento, perché bisognerebbe cambiare il modo in cui viene insegnata la matematica. Solo così anche le materie scientifiche potranno diventare la premesse per carriere al femminile in questo settore.
Mariasole Lisciandro ha ricordato che in Italia solo il 39% delle donne è iscritta alle facoltà Stem e nel caso dell’informatica si scende al 15% (la media europea è il 19%).
“Il primo problema sono gli stereotipi perché i datori di lavoro sono spesso reticenti ad affidare alle donne questo tipo di lavoro – ha concluso – Si crea così un circolo vizioso che frena ulteriormente le donne a scegliere un percorso informatico. Il problema di base è, quindi, culturale”.
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