24 02 2025
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“Non scegliere è una scelta, basti pensare che tre persone su dieci non consiglierebbero un brand senza una posizione chiara sulle tematiche DEIA (Diversity Equity Inclusion and Accessability)”. Lo ha detto Francesca Vecchioni della Fondazione Diversity in occasione del Diversity Brand Summit 2025, che si è tenuto allo Spazio Base di Milano.
“Dopo l’avvento di Trump ci sono aziende, soprattutto americane, che si stanno ritirando dai programmi DEIA per ragioni di contesto e legali – ha spiegato – In Europa però la situazione è diversa, con diversi brand che decidono invece di proseguire. Tutto questo fa nascere un’apparente polarizzazione e, come ha detto il Ceo di Cisco, bisogna trovare un equilibrio, usare il buonsenso perché molti aspetti validi della DEIA sono destinati a rimanere”.
Un esempio – un po’ a sorpresa – è arrivato anche negli Usa dalla NFL, la National Football League americana, che ha deciso di continuare a investire sulla DEIA per gli ottimi risultati ottenuti finora.
Il Diversity Brand Index
Secondo il Diversity Brand Index 2025, che ha riguardato un campione di 1.005 persone, il numero di brand citati come attenti alle tematiche DEIA è aumentato del 65% rispetto all’anno scorso. Questo significa che il mercato finale è sensibile e il concetto di inclusione è tutt’altro che superato.
Nella Top 50 delle aziende i settori considerati più impegnati sono retail e fashion, mentre è scomparso il mondo dell’automotive.
“Per i brand è importante passare dal messaggio inclusivo al passaparola – ha detto Francesca Vecchioni – Nei driver d’acquisto premia il legame tra il commitment e l’awarness e anche l’equity è importante”.
Oggi il mercato è sempre più consapevole e la coerenza premia. La strategia non deve sembrare di facciata, l’epoca del washing è passata. È un momento spartiacque: se un’azienda è consapevole e ci crede rimane sul mercato, mentre vengono penalizzati i brand che hanno usato solo una maschera.
“Il momento che viviamo deve quindi essere vissuto come un’opportunità, senza paura”, ha commentato Francesca Vecchioni.
Marketing e DEIA
Generoso Branca dell’Università Bocconi ha evidenziato il legame tra marketing e DEIA. “Ogni persona è diversa e la diversità del mercato richiede inclusione”, ha detto.
Agire nel mercato su questi principi può avere effetti positivi a tre livelli:
- individuale;
- sociale;
- aziendale (per reputazione e attitudine positiva dei consumatori).
Un mercato più inclusivo e più equo è anche più consapevole del mondo che ci circonda e crea un circolo virtuoso.
“Un brand deve essere inclusivo non solo nella comunicazione, ma anche nel service design, nel product design e nell’accesso alle risorse del mercato – ha proseguito Branca – Siamo spesso portati a pensare a sfide da affrontare singolarmente, mentre è importante il concetto di intersezionalità”.
L’impatto sui brand
Il Diversity Brand Index 2025 ha analizzato anche il coinvolgimento della popolazione italiana sulle tematiche della DEIA. A fronte di una diminuzione delle persone inconsapevoli, questa è la principale suddivisione:
- impegnati (26,7%);
- arrabbiati 2.0 (17,8%);
- coinvolti (13,9%);
- consapevoli (10,4%).
Dallo studio della Fondazione Diversity emerge che la DEIA ha un impatto reale sui brand. Un brand inclusivo, rispetto a un altro che non lo è, cresce di oltre il 20%. E tra le aziende presenti nella Top 10 si arriva anche al 24%.
La sfida dello Sroi
Secondo Antonella Pirro Ruggiero di Focus Management, la sfida è lo Sroi (Social Return on Investment), che permette di misurare l’impatto sulla collettività. I vantaggi sono:
- orientare al meglio la progettualità sulla DEIA;
- scegliere con obiettività;
- capire meglio e aumentare gli impatti positivi;
- coinvolgere profondamente.
Lo Sroi misura il cambiamento secondo modalità rilevanti per le persone e le organizzazioni che lo sperimentano.
“Nel 2024 c’è stata maggiore capacità dei brand di sviluppare iniziative ad hoc rivolte al mercato finale che hanno avuto una visibilità esterna”, ha aggiunto Francesca Vecchioni.
AI e DEIA
Nell’era dell’intelligenza artificiale come si usa l’AI nel contesto DEIA? Deve essere etica, inclusiva e aperta.
Secondo Luna Bianchi di Immanence bisogna stare attenti perché ci sono bias nell’intelligenza artificiale. Esistono infatti stereotipi che vengono riprodotti in scala dall’AI.
Sono errori casuali? “No, questo avviene perché è il frutto della raccolta di dati che recepiscono pregiudizi – ha risposto Luna Bianchi – Bisogna quindi creare principi condivisi. Dietro l’AI ci sono molte persone e anche questo ha il suo impatto. La poca cura dedicata alle tematiche DEIA durante la progettazione delle tecnologie amplifica le discriminazioni strutturate della nostra società”.
Cosa fare? “Serve una nuova cultura dell’innovazione – ha detto Diletta Hyskes di Immanence – Bisogna governare l’AI con strumenti dinamici e agili, è necessaria una cultura Glocal che parta dal contesto, ma sappia guardare al panorama internazionale”.
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