08 07 2021
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Il rapporto tra digitalizzazione e Pmi è ancora complesso, ma ha avuto un’accelerazione a causa della pandemia. Se ne è parlato al convegno “Obiettivo innovazione digitale: il Next Gen EU per trasformare le Pmi italiane”, organizzato dal Politecnico di Milano.
I quattro profili di approccio delle Pmi
Quali sono i benefici che il digitale ha portato alle Piccole e medie imprese? Giorgia Sali del Politecnico di Milano ha premesso che esistono quattro profili di approccio:
- convinto (44%). Buon approccio strategico al digitale, competenze tra il personale buone, ma non uniformi;
- timido (40%). Scarsa visione strategica del digitale, hanno iniziato a lavorare su stimoli derivanti dall’esterno;
- avanzato (9%). Approccio proattivo al cambiamento, buon livello di competenze e conoscenze, sono in prevalenza imprese di servizio e internazionalizzate;
- analogico (7%). Cultura del digitale scarsa, sono spesso piccole imprese che nel 71% dei casi hanno forti resistenze al digitale e nel 36% gestiscono ancora la contabilità in cartaceo.
È interessante analizzare cosa è accaduto nelle Pmi in occasione del primo lockdown. Le Pmi più digitalmente mature hanno avuto un 30% di probabilità in meno di rallentamento delle proprie attività economiche, mentre quelle più digitalizzate hanno registrato +28% di utile netto, +18% di margine di profitto, +24% di valore aggiunto, +11% Ebitda.
Bisogna inoltre considerare che lo smart working e le esigenze di distanziamento sociale hanno portato a incrementare le soluzioni digitali per lo scambio di dati e informazioni aziendali. Oggi nove Pmi su dieci gestiscono in maniera elettronica documenti aziendali e sono aumentati i servizi in cloud, che riguardano il 69% delle Piccole e medie imprese.
“Questa relazione positiva vale se c’è anche un approccio culturale adeguato, non basta acquistare una soluzione, ma bisogna avere un approccio a 360 gradi – ha commentato Giorgia Sali – Bisogna rilevare che oggi ancora troppe Pmi hanno un approccio timido al digitale e le più mature sono solo quelle aperte ai mercati internazionali. Basti pensare che solo il 21% delle Pmi pensa di essere di essere molto avanti o a buon punto nella trasformazione digitale e il 36% dichiara di puntare di più sul digitale anche in risposta alla crisi nata con la pandemia. Esiste poi una parte che è frenata dai costi troppo alti (15%) e dall’idea che il digitale sia marginale per il proprio settore di attività (27%)”.
Un problema che riaffiora sempre è quello del know-how: il 42% pensa di avere competenze digitali basse (17%) o distribuite in maniera non omogenea tra il personale aziendale (25%), che rendono difficile l’implementazione e l’utilizzo diffuso di nuove tecnologie.
Uno studio sulle Pmi europee
Questo in Italia, ma in Europa? Secondo uno studio di Capterra il 47% delle Pmi europee aveva un piano di continuità operativa digitale prima della pandemia (in Italia il 38%). Il 60% ha acquistato software per agevolare il lavoro di team (in Italia il 56%), il 28% ha incrementato del 25-50% la spesa di software durante la prima ondata di Covid-19 (in Italia il 33%) e il 54% si trova nella fase di consapevolezza e ricerca attiva di software (in Italia il 71%).
Trasformazione digitale basata sulla consapevolezza
In generale, si può dire che in Italia l’elettroshock culturale causato dalla pandemia ha funzionato, ma anche perché siamo partiti in ritardo rispetto ad altri paesi. Ora occorre un processo di trasformazione digitale basato su consapevolezza e ricerca attiva di software.
Un aspetto da tenere in considerazione è che due Pmi su tre negli ultimi due anni non hanno usufruito di agevolazioni o incentivi pubblici per il digitale o l’innovazione. Il 30% delle Pmi possono essere classificate ostili alle iniziative pubbliche, il 18% disilluse (pensano che gli sforzi superino i benefici a causa delle difficoltà burocratiche) e il 20% ingaggiate (hanno dei manager che se ne occupano).
Bisogna lavorare su due aspetti, in vista anche dell’attuazione del piano di resilienza nazionale:
- l’ecosistema (gli orizzonti temporali sono spesso incerti, ci sono difficoltà operative di accesso e scarsa conoscenza delle misure. Sono necessarie stabilità delle iniziative, procedure più semplici e comunicazione più efficace);
- le competenze per l’innovazione digitale (c’è ancora scarsa consapevolezza, sarebbero utili bonus per le assunzioni).
“In generale, nell’adozione del digitale nei processi aziendali bisogna monitorare i risultati”, ha detto Giorgia Sali.
Le condizioni di base per il successo della digitalizzazione delle Pmi sono:
- rete infrastrutturale adeguata;
- cultura e competenza;
- pubblica amministrazione agile e digitale;
- sistema di credito efficiente e funzionale alle esigenze delle imprese;
- investimenti su tutto l’ecosistema.
Superare le barriere culturali
Durante la tavola rotonda, Martina Colandrea di B2C Vertical Director ha detto che il 2020 ha accelerato i processi digitali delle Pmi, ma ci sono ancora dei limiti. C’è una barriera culturale da superare: spesso l’online viene visto come un nemico e non come un facilitatore di business. Esiste una mancanza di consapevolezza delle opportunità che può offrire. Mancano poi competenze, strumenti e risorse. Bisogna andare oltre la paura dell’online per logistica e sicurezza e questa paura può essere sconfitta solo con la conoscenza.
Secondo Carlo Caporizzi di Gmde c’è spesso incapacità di comprendere qual è la soluzione migliore per la propria azienda perché le soluzioni sono tante, ma quello che fa la differenza è la scelta giusta.
“Le Pmi si muovono ancora su un’organizzazione di processo spesso obsoleta – ha detto Raffaele Musella di Innovation 4Hr – La scusa è spesso la mancanza di tempo, ma la pandemia ha obbligato a una presa di coscienza dei cambiamenti che è necessario fare e dell’importanza del digitale. In Italia spesso si lavora troppe ore e si produce poco: siamo il fanalino di coda in Europa per la produttività in rapporto alle ore”.
E-commerce come priorità
E il futuro? Secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale nelle Pmi del Politecnico di Milano, per quattro Pmi su dieci una priorità di investimento per il 2021 è l’e-commerce. Una tendenza che parte da una consapevolezza: le Pmi che fanno e-commerce hanno registrato un incremento di oltre il 50% rispetto al periodo precedente la pandemia.
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