26 06 2023
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La spesa degli italiani diventa sempre più prudente a causa del costo della vita in aumento, determinato anche dall’inflazione. Lo spiega la tredicesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy.
Lo studio ha preso in considerazione circa 133 mila prodotti di largo consumo di food & beverage, petcare, cura della casa e della persona, che l’anno scorso hanno raggiunto un valore superiore ai 43 miliardi di euro di sell-out, pari all’82,1% delle vendite di supermercati e ipermercati del nostro Paese.
Un consumatore che si adatta
In un’era di policrisi come l’attuale, il consumatore adatta il proprio comportamento d’acquisto e di consumo per difendere il tenore di vita abituale – ha spiegato Marco Cuppini, Research and Communication Diector di GS1 – È noto come l’inflazione di questi mesi stia colpendo maggiormente le fasce della popolazione più fragili economicamente. La recente ricerca di GS1 Italy, Nuovo Codice Consumi, ci ha mostrato come i comportamenti di acquisto e di consumo hanno radici molto profonde, e che vengono “intaccate” solo parzialmente da eventi congiunturali. La storica e radicata difesa della qualità del cibo messa in atto dagli italiani, però, fatica a reggere l’urto di fenomeni così impattanti come quelli che caratterizzano questi – lunghi – mesi”.
Diminuiscono i volumi
“Aumentano i prezzi e comincia a vedersi in modo netto come stiano diminuendo anche i volumi, anche se in maniera diversa fra fasce di prezzo – ha proseguito Cuppini – Il minore impatto sulla riduzione dei consumi lo troviamo nei prodotti a fascia alta di prezzo, dove gli acquirenti hanno meglio assorbito gli aumenti, pur iniziando anche loro una compressione degli acquisti. Viceversa i prodotti di fascia bassa hanno subito una compressione più rilevante dei volumi. Le fasce
di popolazione più deboli necessariamente scontano l’inflazione comprimendo i consumi, non potendo convertirli verso fasce di prezzo ancora più basse”.
I prodotti free-from
“Entrando nel merito dei claim registrati dall’Osservatorio
Immagino dei prodotti free from, rich-in e attenti alle intolleranze, soltanto quelli che riportano in etichetta le diciture pochi zuccheri, proteine e senza lattosio, hanno vendite a valore e volume positivi – ha concluso Cuppini – Le caratteristiche di questi prodotti, quindi, sono talmente importanti per i consumatori da non modificarne i comportamenti di acquisto (tutte le fasce di prezzo hanno registrato aumenti sia a valore che a volume). Negli altri due casi, invece, si è registrata una migrazione di fascia, da quella alta a quella medio/bassa. Unico claim che arretra sia a valore che a volume è il biologico; ma forse le motivazioni vengono da più lontano (per esempio per la forte concorrenza che il bio risente da parte dei prodotti certificati o di filiera, la cui clientela è spesso posizionata su fasce di reddito più alte)”.
Dati e ricerche