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10 06 2024

Luci e ombre del progresso digitale

“Nel progresso digitale oggi abbiamo due tecnologie dirompenti che coabitano: AI e quantum computing. Questo cambia la nostra vita con luci e ombre, che vanno analizzate”.

Così Andrea Farinet, presidente di Pubblicità Progresso, ha aperto i lavori dell’edizione 2024 del Festival del Progresso Sociale.

“Tra le luci possiamo rilevare un cambiamento della consapevolezza che permette innovazione tecnologica, espressione creativa, accesso alle informazioni e innovazione sociale – ha proseguito – Ma ci sono anche delle ombre perché il digitale rischia di illuminare solo chi lo era già e ora ne trae ancora più beneficio”.

Condividere le informazioni

Giovanni Brugnoli di Tiba Tricot ha detto che le imprese devono essere innovative, ma è indispensabile puntare anche su una formazione adeguata e allineata alle continue trasformazioni.

Secondo Ilaria Capua, docente della John Hopkins University, è indispensabile intrecciare diverse discipline, In questo, il digitale svolge un ruolo fondamentale perché consente di condividere le informazioni. Una maggiore digitalizzazione della sanità, ad esempio, permetterebbe di fare grandi passi avanti nella tutela della salute.

Le preoccupazioni per la privacy

“Il Covid è stato uno spartiacque perché ha portato a una crescita esponenziale della presenza di device elettronici nelle case – ha spiegato Enzo Frasio di Assirm – Ora con l’intelligenza artificiale si arriverà a una vera rivoluzione industriale. C’è molta attesa e presto nasceranno anche nuovi bisogni. L’impatto avrà luci e ombre, nasceranno opportunità, ma ci saranno nuove problematiche legate alla tutela della privacy”.

Per Marco Morganti di Intesa Sanpaolo essere cittadino digitale deve essere una precondizione. Bisognerebbe però chiedersi come mai, se il digitale è di tutti, si assiste a una concentrazione in poche major americane.

La formatrice Alice Pomiato ha sottolineato che per problemi complessi è necessario un approccio sintetico. E le questioni non possono essere affrontate per compartimenti stagni.

“Occorre un cambiamento culturale – ha spiegato – Ma oggi affrontare dei temi complessi, in un’epoca digitale in cui l’attenzione è limitata nel tempo, è difficile. Ci vogliono tante persone con competenze diverse capaci di parlare a persone con gradi di consapevolezza diversi su temi quali, ad esempio, la sostenibilità”.

L’impatto dell’AI

Donatello Sciuto del Politecnico di Milano ha detto che è necessario un pensiero critico ed etico nell’approccio alla tecnologia, mentre per Andrea Albanese, esperto di social media marketing & digital, l’impatto dell’AI sul mondo del lavoro deve destare preoccupazioni ed è necessario accrescere la consapevolezza su questi rischi.

Francesco Inguscio di Rainmaker ha raccontato la sua esperienza di contrasto al fenomeno degli haters online.

“Abbiamo dato supporto gratuito a chi si è trovato a subire questo fenomeno secondo la logica che ‘chi odia paga’ – ha spiegato – Denunciare ha portato a risultati positivi e benefici anche psicologici per le vittime degli odiatori. Anche l’AI può essere d’aiuto e in Francia viene già usata per intercettare il fenomeno e individuare i responsabili”.

Secondo Ernesto Ciorra di Fondazione Pubblicità Progresso bisogna ricordare che esiste un problema anche ambientale nell’uso del digitale, che incide già del 2-3% sul totale delle emissioni globali di Co2. C’è un abuso nell’utilizzo, una sottovalutazione del problema ed è indispensabile una maggiore educazione specifica.

Attenzione al washing

Davide Arduini, presidente di Una, ha spiegato che una volta era più semplice fare comunicazione e riuscire a far passare un messaggio, mentre oggi ogni persona riceve da 30 a 100mila messaggi al giorno.

Cosa possono fare i brand per emergere? “Devono prendere posizioni chiare e dire la verità con il brand activism – ha risposto – Oggi le persone hanno più fiducia nei brand che nelle istituzioni, ma in questi anni c’è stato molto washing: greenwashing, pinkwashing, purpose washing. Questo è un grande problema, come anche quello delle aziende che fanno cose belle, ma non le comunicano perché temono i ‘leoni da tastiera’. Machiavelli diceva che ‘pochi vedono come siamo, ma tutti vedono quello che fingiamo di essere’. Occorre quindi essere corretti e non predicare bene e razzolare male perché poi le persone se ne accorgono”.

Innovazione, trasparenza e responsabilità

La formatrice Serena Fumaria ha confermato che per mantenere la reputazione è indispensabile la coerenza, altrimenti ci si mette in una posizione di debolezza. “Oltre alla coerenza bisogna sapere usare le parole giuste sia all’esterno sia all’interno dell’azienda”, ha concluso.

“Le problematiche tecnologiche sollevano ora anche delle problematiche antropologiche che ci dimostrano come siamo davvero – ha detto Raffaele Pastore di Upa – Le parole d’ordine devono quindi essere innovazione, trasparenza e responsabilità”.

 

 

 

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