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25 06 2020

Tecnologia per la ripresa

“Il futuro dovrà essere basato sulla tecnologia per la ripresa. E non dovrà trattarsi solo di una ripartenza, ma di un cambiamento”. Lo ha detto Valerio Rosano di Zyxel Networks Italia, intervenuto nei giorni scorsi a un Webinar organizzato da Digitalic che Take ha seguito.

“La pandemia ci ha insegnato che siamo tutti vulnerabili – ha spiegato Rosano – Smart working e cloud hanno aiutato a superare il momento e l’IT sarà la chiave per generare il cambiamento. Nei prossimi mesi assisteremo a un crollo del Pil, ma il mercato dell’informatica dovrebbe essere in controtendenza”.

 

Un’economia sempre più globale e digitale

Quale economia ci aspetta? “Sempre più globale e digitale – ha risposto l’economista Carlo Alberto Carnevale Maffè – Il valore consisterà sempre di più nella capacità di utilizzare le tecnologie. Basti pensare che negli ultimi mesi il valore di Zoom ha superato quello delle più grandi compagnie aeree. In questo periodo sono cambiati anche il valore dello spazio e del tempo e, di conseguenza, dovranno adeguarsi anche le scelte degli Stati e delle aziende”.

La ripresa dopo l’emergenza Covid-19 dovrà poi avere al centro una nuova idea di imprenditorialità. Intorno a questo concetto si è sviluppato un altro Webinar, organizzato dal Politecnico di Milano.

 

Perseveranza o innovazione

“Di fronte a situazioni come quelle che viviamo si può reagire con perseveranza o innovazione – ha detto Massimo Colombo, professore di Entrepreneurial Finance – Sono due strategie diverse: resistere è soprattutto un problema di liquidità, che deve far leva sulle garanzie dei crediti bancari. Innovare è più rischioso perché richiede una trasformazione radicale, più strumenti e spesso finanziamenti di investitori professionali”.

 

Le startup durante l’emergenza Covid-19

 E le startup? Come hanno reagito all’emergenza Covid-19? Claudia Pingue del PoliHub ha spiegato che le conseguenze sono state tre:

  1. sofferenza;
  2. esplosione, grazie al cambiamento dei bisogni delle persone. Alcuni servizi digitali innovativi sono all’improvviso diventati fondamentali;
  3. cambiamento, con nuove soluzioni in grado di rispondere a problemi concreti creati dalla pandemia (ad esempio, app per segnalare code al supermercato).

“Bisogna cambiare la narrativa sulle startup, che sono sempre state viste come le protagoniste della disruption, una sorta di ‘pirati’ – ha detto Roberto Verganti, professore in Leadership and Innovation del PoliMi – Viviamo un periodo in qui bisogna ricostruire e le startup devono collaborare a questo insieme agli altri. In ogni caso, anche per loro il Covid è stato un momento di accelerazione”.

 

Digitalizzazione, velocità e creatività per affrontare la crisi

Andrea Rangone, professore di Digital Business, si è soffermato su come hanno affrontato l’emergenza le microimprese non digitali. Ha fatto l’esempio di due salumerie vicine a casa sua: in una si faceva la coda, la seconda ha invece dato la possibilità di prenotare tramite WhatsApp e questo alla fine ha fatto la differenza.

Secondo Rangone sono stati tre gli aspetti emersi durante l’emergenza:

  1. qualunque imprenditore, anche il più piccolo e tradizionale, ha dovuto imparare a usare il digitale;
  2. la velocità decisionale è diventata ancora più importante;
  3. la creatività ha fatto la differenza, alcune startup si sono imposte perché hanno saputo cogliere l’occasione per innovazioni importanti.

D’ora in poi cambierà il modo di fare innovazione? “Bisognerà modificare la logica di apprendimento – ha risposto Roberto Verganti – Ad esempio, occorre iniziare a condividere learning e dati con cui si fanno gli esperimenti”.

 

È l’ora del business re-start

In occasione di un altro Webinar, organizzato da Tesisquare, è stato sottolineato come questo sia il momento del business re-start: l’emergenza coronavirus, con le improvvise trasformazioni che ha comportato, pone ora grandi sfide alle aziende che ripartono.

“Lo scenario che devono affrontare le imprese è di una crisi della domanda e in questo contesto la concorrenza esploderà – ha detto Fabio Sdogati, docente del Politecnico di Milano – Anche la durata sarà lunga e la ripresa sarà lenta”.

Secondo Sdogati, ci saranno redditi disponibili bassi e diminuirà la propensione alla spesa. L’aumento della concorrenza porterà a un’uscita dal mercato delle imprese meno produttive con acquisizioni e fusioni che potrebbero creare o rafforzare posizioni di monopolio.

Ci sarà innovazione di processo per adeguarsi a nuovi fattori (ad esempio, il distanziamento) e l’innovazione di prodotto richiederà più tempo, con nuovi clienti e fornitori.

 

Aumentare la domanda pubblica e migliorare la formazione

Cosa fare? “Con un calo della domanda privata bisognerà aumentare la domanda pubblica – ha risposto Sdogati – I paesi più colpiti saranno quelli in cui l’economia era già in stagnazione e quelli che adotteranno politiche protezionistiche e di austerità fiscale”.

Nel 2021 ci sarà la ripresa a cominciare da Cina, India e Vietnam. E così come la crisi ha avuto effetti diversi per settore, così la ripartenza avrà caratteristiche differenti a seconda dei comparti. Cresceranno food, farmaceutico, telecomunicazioni, prodotti per la casa e semiconduttori. Saranno invece vulnerabili trasporti, immobiliare, assicurazioni, banche, automobili ed energia.

“Vedremo un’adozione diffusa e repentina di strumenti per il lavoro da remoto – ha aggiunto Sdogati – La maggiore automazione, la differenziazione e l’arricchimento delle competenze richiederà fin d’ora una maggiore formazione avanzata”.

 

Preparare un piano d’azione per raccogliere la sfida della crisi

Per Alessandro Perego del Politecnico di Milano il Covid ha evidenziato la forza delle interconnessioni, ma anche la fragilità nelle organizzazioni. Come in tutti i momenti difficili, però, possono nascere opportunità, ma ci vuole un chiaro piano di azione per raccogliere la sfida.

“Bisogna immaginare di nuovo il sistema di offerta verso il mercato e uno strumento fondamentale sarà il digitale – ha detto Perego – In tema di innovazione di processo e prodotto saremo ‘costretti’ a fare un salto in avanti. Si pensi, ad esempio, ai musei che stanno imparando a organizzare le visite virtuali e ai retail, che hanno capito quanto sia indispensabile l’e-commerce. Non possiamo pensare di essere entrati in questa crisi con un certo sistema di offerta e di poterne uscire con lo stesso identico sistema”.

 

Una cultura aziendale basata sulla previsione

Secondo Rinaldo Rinaldi dell’Università degli Studi di Firenze i brand devono trovare delle risposte per migliorare la resilienza, ridefinire il mix di marketing e comunicare con maggiore empatia.

Per Michel Crahay di Tesisquare il Cfo devono misurare i rischi e l’impatto sul business, ma in questo caso non ci sono precedenti e tutto diventa più difficile.

“Abbiamo bisogno di una cultura aziendale basata sulla previsione – ha concluso Sdogati – Non si può fare un prodotto e poi cercare di venderlo: occorre studiare prima a chi rivolgersi, come e in quale contesto”.

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