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19 01 2023

Influencer marketing, un mercato da 294 milioni di euro

In Italia, nel 2022 il mercato dell’influencer marketing ha raggiunto un valore di 294 milioni di euro, con una crescita dell’8% rispetto all’anno scorso. Lo ha detto Alberto Vivaldelli di Upa, intervenuto a Influencer Marketing 2022, l’evento che si è svolto al Teatro Franco Parenti di Milano.

 

Ibridazione, affinità e misurazione

In apertura, Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di Upa, ha sottolineato il ruolo fondamentale dell’ibridazione tra online e offline perché “tutto quello che nasce oggi è ibrido”.

Un altro concetto importante nell’influencer marketing è l’affinità con i valori del brand, premessa indispensabile per ottenere risultati all’altezza delle aspettative. Le aziende devono poi fare sempre brief precisi e puntare su rapporti di medio-lungo termine.

“L’aspetto della misurazione è molto delicato, ma la segmentazione e la specializzazione possono aiutare – ha detto Sassoli de Bianchi – Ci sono poi casi come l’editoria libraria dove la correlazione tra influencer e vendite è addirittura diretta, ma a volte basta anche verificare gli accessi al sito di un’azienda per avere un riscontro sull’efficacia dell’attività”.

 

Gli obiettivi dell’influencer marketing

Vivaldelli ha presentato i risultati di un’indagine da cui è emerso che l’81% delle aziende utilizzano l’influencer marketing e il 56% lo gestisce nel budget media. Creator, micro-influencer, frammentazione delle piattaforme, specializzazione dei creator e crossmedialità sono tutti fenomeni in crescita, mentre suscita molta curiosità la domanda su quale sarà il ruolo degli influencer in futuro nel metaverso.

Oggi il 10% delle aziende ricorre agli influencer per sales activation, il 35% per brand building, il 55% per entrambi. Gli obiettivi sono soprattutto il raggiungimento di nuovi consumatori (58%) e il miglioramento dell’engagement (56%). È fondamentale che ci sia affinità con questi obiettivi, oltre che con il brand e il target.

 

L’impatto sociale degli influencer

Elisa Frascaro di Mea Toluna ha presentato i risultati di un’altra indagine condotta su un campione 1.000 persone, che nella totalità dei casi segue almeno un influencer. È emerso un forte legame tra follower, influencer e social. La maggior parte delle persone segue tra i due e i cinque influencer (60%) e quasi un quinto oltre dieci, soprattutto tra i giovanissimi. Il 69% degli intervistati ha iniziato a seguire gli influencer sui social e un terzo su altri canali, con quattro su dieci oggi che oggi scelgono proprio canali diversi dai social network.

“I divulgatori di informazioni e gli entertainer sono gli influencer più seguiti in modo trasversale – ha detto Elisa Frascaro – I vip sono preferiti da donne e over 45. Gli influencer vengono scelti soprattutto in base ai temi trattati (69%), ma è evidente il ruolo che gioca la piattaforma, così come l’impatto che molti influencer possono avere nella scelta di chi seguire”.

Proprio l’impatto sociale degli influencer come divulgatori di novità è uno degli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca. Il 49% dei follower dichiara di aver acquistato prodotti o servizi proposti dagli influencer e il 47% comprerebbe anche prodotti creati da loro.

“L’influencer è visto come divulgatore di novità utili, ma anche capace di entrare nelle sfere più personali del rapporto con i propri follower – ha proseguito Elisa Frascaro – Questo legame si traduce in un forte interesse per le loro opinioni su tematiche sociali e politiche, fino a poter influenzare direttamente le opinioni”.

 

I contenuti preferiti

Quali sono le priorità nell’utilizzo degli influencer? Secondo un’indagine condotta su un campione di 1.000 persone presentata da Alessia Valeri di GroupM prevale l’awarness (41%). I settori più coinvolti sono beauty, fashion, food e casa/arredo/design, ma alcuni comparti meno presenti hanno in realtà un engagement più premiante perché registrano un affollamento minore: ad esempio, auto, finance, media/editoria.

Alla domanda sulla categoria di cui fa parte l’influencer o creator preferito, le risposte sono state:

  • mass influencer (28%);
  • macro-influencer (215);
  • micro-influencer (24%).

Secondo lo studio, un contenuto prodotto da mass influencer ha un engagement superiore e TikTok è il social che porta maggiori interazioni, anche se a costi maggiori.

Tra i contenuti, i preferiti sono:

  • video brevi (85);
  • foto/caroselli (79%);
  • post-video (76%);
  • story (73%);
  • dirette/live streaming (67%);
  • video lunghi (58%).

 

Il fenomeno del content creator

Domenici Susca di Sensemakers ha sottolineato la distribuzione delle interazioni social per categorie:

  • influencer (42%);
  • publishing (28%);
  • sport (13%);
  • media and entertainment (10%).

“Negli ultimi anni stiamo assistendo al fenomeno del content creator, che in alcuni casi sostituisce l’influencer nei programmi aziendali – ha detto Marco Marranini di OpenInfluence Italia – Le due figure hanno sia diversità sia punti di contatto. Ci sono influencer che sono ottimi content creator e content creator che non sono influencer”.

Quando scegliere i content creator? Gli aspetti a loro favore sono la convenienza e l’elasticità. È poi in continua ascesa la tendenza da parte dei brand di amplificare le campagne di influencer marketing con i paid media.

Un ruolo sempre più importante lo hanno i video. Basti solo pensare che tre americani su quattro trascorrono ogni giorno due ore a guardarli e il 38% dei brand investe sugli short-video. I più visti sono:

  • musicali (51%);
  • comedy (37%);
  • tutorial e how-to (31%);
  • educational (30%);
  • sport (28%);
  • gaming (27%).

 

Il social commerce

In futuro, un ruolo importante lo avrà il social commerce. I motivi sono:

  • esperienza d’acquisto personalizzata;
  • rafforzamento del rapporto diretto con i consumatori;
  • meno carrelli abbandonati;
  • maggiore possibilità di raggiungere la GenZ;
  • maggiore coinvolgimento rispetto alla navigazione e ai siti di e-commerce.

“L’Occidente non è ancora pronto per il social commerce, ma lo sarà in futuro perché il fenomeno è destinato a crescere – ha concluso Marranini – Nei prossimi anni bisogna poi considerare il Web3, la nuova generazione Internet in cui le informazioni saranno in co-proprietà con altri utenti. I dati saranno di proprietà dell’utente, che potrà anche monetizzarli. Ci sarà uno sviluppo del metaverso come luogo di connessione sociale e gli influencer potranno aiutare i brand ad accedere al Web 3”.

 

Verso il marketing umanistico

Gianluca Perrelli di Bozzoole ha detto che l’influencer è qui ed è qui per restare. “Questa professione sta caratterizzando una generazione di esploratori di Internet – ha spiegato – La si intraprende per passione e ha assunto una sua dignità all’interno del media mix superando lo scetticismo iniziale. Ora contribuisce a un cambio di paradigma: il marketing è sempre meno concentrato sul cliente e più sull’individuo. Si va verso un marketing sempre più umanistico”.

In questo periodo si parla molto di metaverso, che sarà la base di una nuova umanità. Ad esempio, i chirurghi potranno esercitarsi in un ambiente virtuale e a scuola si potranno fare lezioni di storia immersive.

 

Una nuova età delle meraviglie

“Siamo alle soglie di una nuova età delle meraviglie e tra cinque anni assisteremo alla prima migrazione di massa sul metaverso – ha proseguito Perrelli – In questo contesto, il ruolo degli influencer cambierà e con il metaverso si creerà un binomio inscindibile. Il creator dovrà confrontarsi con un ecosistema in cui il rapporto con le persone sarà più intimo. Non ci saranno più follower, ma fan, che diventeranno coautori delle esperienze della community”.

Nascerà una nuova economia circolare, digitale e partecipativa, con un rapporto win-win tra fan e creator. Nascerà l’influencer aumentato, ma non sarà un mestiere per tutti. Ci sarà un nuovo ruolo del brand nell’ambito del marketing della community e la marca dovrà sempre di più essere parte dell’experience.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ibridazione, affinità e misurazione

In apertura, Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di Upa, ha sottolineato il ruolo fondamentale dell’ibridazione tra online e offline perché “tutto quello che nasce oggi è ibrido”.

Un altro concetto importante nell’influencer marketing è l’affinità con i valori del brand, premessa indispensabile per ottenere risultati all’altezza delle aspettative. Le aziende devono poi fare sempre brief precisi e puntare su rapporti di medio-lungo termine.

“L’aspetto della misurazione è molto delicato, ma la segmentazione e la specializzazione possono aiutare – ha detto Sassoli de Bianchi – Ci sono poi casi come l’editoria libraria dove la correlazione tra influencer e vendite è addirittura diretta, ma a volte basta anche verificare gli accessi al sito di un’azienda per avere un riscontro sull’efficacia dell’attività”.

 

Gli obiettivi dell’influencer marketing

Vivaldelli ha presentato i risultati di un’indagine da cui è emerso che l’81% delle aziende utilizzano l’influencer marketing e il 56% lo gestisce nel budget media. Creator, micro-influencer, frammentazione delle piattaforme, specializzazione dei creator e crossmedialità sono tutti fenomeni in crescita, mentre suscita molta curiosità la domanda su quale sarà il ruolo degli influencer in futuro nel metaverso.

Oggi il 10% delle aziende ricorre agli influencer per sales activation, il 35% per brand building, il 55% per entrambi. Gli obiettivi sono soprattutto il raggiungimento di nuovi consumatori (58%) e il miglioramento dell’engagement (56%). È fondamentale che ci sia affinità con questi obiettivi, oltre che con il brand e il target.

 

L’impatto sociale degli influencer

Elisa Frascaro di Mea Toluna ha presentato i risultati di un’altra indagine condotta su un campione 1.000 persone, che nella totalità dei casi segue almeno un influencer. È emerso un forte legame tra follower, influencer e social. La maggior parte delle persone segue tra i due e i cinque influencer (60%) e quasi un quinto oltre dieci, soprattutto tra i giovanissimi. Il 69% degli intervistati ha iniziato a seguire gli influencer sui social e un terzo su altri canali, con quattro su dieci oggi che oggi scelgono proprio canali diversi dai social network.

“I divulgatori di informazioni e gli entertainer sono gli influencer più seguiti in modo trasversale – ha detto Elisa Frascaro – I vip sono preferiti da donne e over 45. Gli influencer vengono scelti soprattutto in base ai temi trattati (69%), ma è evidente il ruolo che gioca la piattaforma, così come l’impatto che molti influencer possono avere nella scelta di chi seguire”.

Proprio l’impatto sociale degli influencer come divulgatori di novità è uno degli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca. Il 49% dei follower dichiara di aver acquistato prodotti o servizi proposti dagli influencer e il 47% comprerebbe anche prodotti creati da loro.

“L’influencer è visto come divulgatore di novità utili, ma anche capace di entrare nelle sfere più personali del rapporto con i propri follower – ha proseguito Elisa Frascaro – Questo legame si traduce in un forte interesse per le loro opinioni su tematiche sociali e politiche, fino a poter influenzare direttamente le opinioni”.

 

I contenuti preferiti

Quali sono le priorità nell’utilizzo degli influencer? Secondo un’indagine condotta su un campione di 1.000 persone presentata da Alessia Valeri di GroupM prevale l’awarness (41%). I settori più coinvolti sono beauty, fashion, food e casa/arredo/design, ma alcuni comparti meno presenti hanno in realtà un engagement più premiante perché registrano un affollamento minore: ad esempio, auto, finance, media/editoria.

Alla domanda sulla categoria di cui fa parte l’influencer o creator preferito, le risposte sono state:

  • mass influencer (28%);
  • macro-influencer (215);
  • micro-influencer (24%).

Secondo lo studio, un contenuto prodotto da mass influencer ha un engagement superiore e TikTok è il social che porta maggiori interazioni, anche se a costi maggiori.

Tra i contenuti, i preferiti sono:

  • video brevi (85);
  • foto/caroselli (79%);
  • post-video (76%);
  • story (73%);
  • dirette/live streaming (67%);
  • video lunghi (58%).

 

Il fenomeno del content creator

Domenici Susca di Sensemakers ha sottolineato la distribuzione delle interazioni social per categorie:

  • influencer (42%);
  • publishing (28%);
  • sport (13%);
  • media and entertainment (10%).

“Negli ultimi anni stiamo assistendo al fenomeno del content creator, che in alcuni casi sostituisce l’influencer nei programmi aziendali – ha detto Marco Marranini di OpenInfluence Italia – Le due figure hanno sia diversità sia punti di contatto. Ci sono influencer che sono ottimi content creator e content creator che non sono influencer”.

Quando scegliere i content creator? Gli aspetti a loro favore sono la convenienza e l’elasticità. È poi in continua ascesa la tendenza da parte dei brand di amplificare le campagne di influencer marketing con i paid media.

Un ruolo sempre più importante lo hanno i video. Basti solo pensare che tre americani su quattro trascorrono ogni giorno due ore a guardarli e il 38% dei brand investe sugli short-video. I più visti sono:

  • musicali (51%);
  • comedy (37%);
  • tutorial e how-to (31%);
  • educational (30%);
  • sport (28%);
  • gaming (27%).

 

Il social commerce

In futuro, un ruolo importante lo avrà il social commerce. I motivi sono:

  • esperienza d’acquisto personalizzata;
  • rafforzamento del rapporto diretto con i consumatori;
  • meno carrelli abbandonati;
  • maggiore possibilità di raggiungere la GenZ;
  • maggiore coinvolgimento rispetto alla navigazione e ai siti di e-commerce.

“L’Occidente non è ancora pronto per il social commerce, ma lo sarà in futuro perché il fenomeno è destinato a crescere – ha concluso Marranini – Nei prossimi anni bisogna poi considerare il Web3, la nuova generazione Internet in cui le informazioni saranno in co-proprietà con altri utenti. I dati saranno di proprietà dell’utente, che potrà anche monetizzarli. Ci sarà uno sviluppo del metaverso come luogo di connessione sociale e gli influencer potranno aiutare i brand ad accedere al Web 3”.

 

Verso il marketing umanistico

Gianluca Perrelli di Bozzoole ha detto che l’influencer è qui ed è qui per restare. “Questa professione sta caratterizzando una generazione di esploratori di Internet – ha spiegato – La si intraprende per passione e ha assunto una sua dignità all’interno del media mix superando lo scetticismo iniziale. Ora contribuisce a un cambio di paradigma: il marketing è sempre meno concentrato sul cliente e più sull’individuo. Si va verso un marketing sempre più umanistico”.

In questo periodo si parla molto di metaverso, che sarà la base di una nuova umanità. Ad esempio, i chirurghi potranno esercitarsi in un ambiente virtuale e a scuola si potranno fare lezioni di storia immersive.

 

Una nuova età delle meraviglie

“Siamo alle soglie di una nuova età delle meraviglie e tra cinque anni assisteremo alla prima migrazione di massa sul metaverso – ha proseguito Perrelli – In questo contesto, il ruolo degli influencer cambierà e con il metaverso si creerà un binomio inscindibile. Il creator dovrà confrontarsi con un ecosistema in cui il rapporto con le persone sarà più intimo. Non ci saranno più follower, ma fan, che diventeranno coautori delle esperienze della community”.

Nascerà una nuova economia circolare, digitale e partecipativa, con un rapporto win-win tra fan e creator. Nascerà l’influencer aumentato, ma non sarà un mestiere per tutti. Ci sarà un nuovo ruolo del brand nell’ambito del marketing della community e la marca dovrà sempre di più essere parte dell’experience.

 

 

 

 

 

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