06 04 2023
Take
more.
“Il marketing ha un ruolo fondamentale nello sviluppo delle aziende, ma bisogna investire di più in questa direzione pur in un momento di incertezza come quello che viviamo. E a farlo non devono essere solo le grandi aziende, ma anche le Pmi”.
Il messaggio lo ha lanciato Angelo Di Gregorio, della Società Italiana Marketing, intervenuto nei giorni scorsi al Milano Marketing Festival 2023. “Il marketing parte dai bisogni del consumatore, che negli ultimi anni è cambiato molto – ha proseguito – In particolare, l’uso dello smartphone ha trasformato la comunicazione sociale e le persone oggi sono proattive e interagiscono”.
La quarta rivoluzione industriale
Secondo Di Gregorio, oggi si parla di quarta rivoluzione industriale, ma le precedenti sono partite dalle imprese, mentre questa dalla società. Oggi l’incertezza è aumentata e le imprese devono rispondere con una comunicazione one to one. Questo si può fare grazie alla tecnologia.
“Le marche devono incorporare i valori della società, che devono essere chiari per mantenere il legame con i consumatori – ha concluso Di Gregorio – È poi necessario un processo articolato di coinvolgimento di tutta la catena del valore”.
Restare vicino ai clienti
Barbara Cominelli di JLL Italia ha spiegato che nel settore immobiliare c’è cautela nel breve termine, ma bisogna tenere la barra dritta sugli investimenti strategici come green e tecnologia. “In un momento difficile come oggi la regola numero uno è stare vicino ai clienti – ha detto – Bisogna poi lavorare anche sui dati per capire cosa vogliono i clienti”.
Dallo storytelling al truthtelling
Gianluca Toniolo ha spiegato che Dolce & Gabbana Beauty punta su un prodotto tutto Made in Italy. “L’Italia è un’eccellenza nel make-up e questo aiuta, ma ci è voluto coraggio imprenditoriale per lanciare un’iniziativa come la nostra – ha spiegato – Puntiamo molto sulla sostenibilità e penso che si debba passare dallo storytelling al truthtelling perché ciò che si dice deve poi essere toccato con mano dai consumatori”.
C’è un cuore antico nel futuro
Secondo Alessandra Carra del Gruppo Feltrinelli il settore del libro è molto particolare perché non è un prodotto che si acquista solo guardandolo, ma richiede il suggerimento di qualcuno. “Nel 2022 abbiamo registrato una crescita delle vendite di libri del 13,3%. La gente è tornata a leggere e a questo ha contribuito anche la pandemia, che ha fatto ritrovare il tempo alle persone. Anche in momenti difficili come l’attuale i libri aiutano a farsi delle domande – ha detto – Viviamo in un periodo in cui si assiste non solo a un ritorno al libro fisico, ma nella musica anche al vinile, pur se non nelle dimensioni di una volta. C’è un cuore antico nel futuro”.
La tecnologia al servizio dell’uomo
Matteo Mille di Microsoft ha rassicurato sull’uso dell’intelligenza artificiale, che non va vista come una spada di Damocle sulle persone perché non potrà mai sostituire l’uomo. L’AI aiuterà l’uomo senza prendere il suo posto anche perché sa imparare dallo storico, ma non è in grado di mettere in relazione causa ed effetto.
Secondo Cass R. Sunstein, della Harvard Law School, la tecnologia può aiutare a superare i pregiudizi umani e a ridurre la complessità. “I governi e le aziende devono preoccuparsi di semplificare le scelte delle persone”.
Puntare sul socialing
Andrea Farinet di Pubblicità Progresso ha presentato un neologismo: socialing, che rappresenta un nuovo equilibrio tra consumatori, imprese e mercato. Mette insieme social network e corporate sensibility per arrivare a un nuovo modo di fare mercato attento alla socialità.
“Ci vogliono nuovi paradigmi culturali basati su aspetti più umanistici e sociali – ha detto – C’è bisogno di valori autentici, non si può più pensare ai consumatori come a limoni da spremere. Occorre andare verso una forma diversa dal modello anglosassone, che da noi non funziona, ma necessario un approccio più europeo, innovativo. La domanda da porsi è: l’economia è al nostro servizio o siamo noi al servizio dell’economia?”.
Per rispondere a questa domanda a maggio, a Milano, si svolgerà il primo Festival del progresso sociale in cui si parlerà, ad esempio, di temi come la ricerca di un nuovo modello partecipativo, connessioni emotive con i clienti ed educazione digitale.
Siamo alla vigilia di uno sconvolgimento nel marketing
Raja Rammanar di Mastercard ha sottolineato che la pandemia ha cambiato i consumatori, le persone hanno ripensato le loro priorità, il digitale ha avuto un’accelerazione e tutto questo ha cambiato anche il marketing.
“Siamo alla soglia di 24 nuove tecnologie che creeranno grandi sconvolgimenti nel marketing: sarà un livello di rivoluzione senza precedenti a cui contribuiranno intelligenza artificiale, realtà virtuale, realtà aumentata e blockchain – ha spiegato – I marketer devono studiare per capire cosa accade e investire nella formazione dei loro team. Quando tutto cambia bisogna capire se si è ancora adeguati. Questo modifica la prospettiva anche per i brand perché la gente chiede che incarnino i valori sociali in modo concreto. In questo contesto, la strategia vincente di marketing è oggi entrare in contatto con le persone in modo credibile e autentico. I marketer devono essere come Leonardo da Vinci: essere sia artisti sia scienziati”.
Per Gianmaria Verona di Human Technopeople viviamo un momento epocale: le aziende devono affrontare il cambiamento e ridisegnarsi in base ad aspetti come digitale e sostenibilità. Oggi tutti si devono occupare di innovazione e acquisire uno spirito più imprenditoriale.
Innova, agisci, comunica
Egidio Alagia di For Disrupters Only ha detto che i grandi brand devono piacere a tutti, mentre i grandissimi brand no. A volte è utile e necessario prendere una posizione ben precisa. L’importante, se si vuole essere disruption, è essere davvero coerenti e credibili.
“La coerenza è fondamentale – ha confermato Samanta Giuliani di The Pop – Questo perché arriva al cuore delle persone, che poi racconteranno la storia ad altri. Oggi, con la moltiplicazione dei canali, bisogna essere disruption e abituarsi anche alla perdita del controllo”.
“Lo storytelling come lo abbiamo conosciuto finora è morto – ha aggiunto Chiara Bacilieri di Lifeed – Viviamo in un’epoca in cui si assiste anche a fenomeni come il greenwashing e il punto fondamentale è, quindi, fare davvero quello che si racconta”.
La responsabilità del brand
Francesco Morace di Future Concept Lab ha dichiarato che la responsabilità è importante per i brand come altre R: bisogna essere rilevanti, risonanti, riconoscere il cambiamento e i singoli consumatori, puntare sulla reciprocità.
“La responsabilità non è solo un atto dovuto, ma porta al business, è un elemento win-win – ha detto – Le marche possono aiutare a vivere meglio e questo conviene a tutti. Le aziende oggi devono avere un valore aggiunto anche in termini di umanità”.
Secondo Francesco Guidara di BCG BrightHouse il purpose dei brand è fondamentale. Una volta bastavano strategia e mission, ma il purpose è qualcosa di più e comporta la trasformazione anche delle persone di un’azienda.
“Questo aspetto deve stare nell’agenda del Ceo, che deve essere il primo ambassador – ha spiegato – Il purpose non lo scrive l’amministratore delegato, ma nasce da una fase di ascolto dell’intera organizzazione. Bisogna distillare il vero motivo per cui un brand esiste”.
Dall’economia dei beni all’economia della creazione
Roger Abravanel di McKinsey ha spiegato come nel corso dei decenni si sia passati da un’economia industriale a una post-industriale, fino a quella della conoscenza. Ora siamo entrati nell’era della sostenibilità e del climate change.
Per Antonio Faraldi di Bcg tutto ciò che ha successo è consumer-centric. “Il percorso che ci aspetta ci porta al Web 3.0 e apre nuovi scenari in cui il consumatore è co-creatore e il livello di engagement è più elevato.
Secondo Evita Barra di Meta Italia il futuro è il metaverso in cui le persone saranno al centro. “Noi non saremo davanti a uno schermo, ma parte di un’esperienza Internet – ha detto – In questo nuovo mondo saranno necessarie la formazione di competenze specifiche e l’attenzione verso la sicurezza”.
Per quanto riguarda i brand, le aree principali che li riguarderanno saranno tre:
- community e storytelling;
- percorso d’acquisto sempre più immersivo e coinvolgente;
- miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza delle campagne pubblicitarie, grazie alla tecnologia, per comunicare alle persone giuste nel modo giusto.
Come migliorare il business con il neuromarketing
“Il neuromarketing può essere utile per rendere le strategie di marketing più focalizzate sul business”. Lo ha detto Vincenzo Russo, docente dell’Università Iulm, intervenuto alla seconda giornata del Milano Marketing Festival 2023.
“Il neuromarketing è conosciuto perché studia le reazioni emozionali dei consumatori di fronte a una stimolazione – ha spiegato – In realtà, ha un altro elemento fondamentale: la conoscenza del cervello, che permette di essere abili nelle strategie di persuasione tanto che oggi si parla di neuromanagement”.
L’emotional index
A utilizzarlo sono aziende sia grandi sia piccole, che hanno bisogno di avere la certezza dell’efficacia comunicativa. Per stabilire l’emotional index vengono usati diversi indicatori come tempi di reazione, sudore delle mani, face reader, eye tracking, ma l’aspetto principale è la conoscenza del funzionamento del cervello che viene “letto” con l’encefalogramma.
L’utilità può consistere, ad esempio, nel posizionare i prodotti nel modo migliore sugli scaffali, considerando che basta aumentare la visibility score del 10% sullo scaffale per aumentare del 35% le vendite. Oggi è possibile anche costruire virtualmente degli scaffali e anticipare quello che accade in base al posizionamento di un prodotto.
“Il neuromarketing è importante perché tra il 50% e il 95% dei comportamenti quotidiani è determinato da meccanismi che avvengono a livello inconscio e bisogna conoscere”, ha aggiunto Russo.
Bastano le ricerche? David Ogilvy diceva: “Consumers don’t think how they feel. They don’t say what they think and they don’t do what they say”. Questo è il limite delle ricerche, ma il nueormarketing va oltre.
Alcuni esempi: Red Bull ha avuto un grande successo, nonostante le ricerche di mercato dicessero l’opposto. E lo stesso è accaduto con Baileys e il walkman Sony.
L’importanza dello spot radiofonico
Il punto è che esiste una discrepanza tra ciò che viene dichiarato dalle persone e il vissuto. Si pensi, ad esempio, ad alcuni Exit Poll alle elezioni, smentiti dal reale esito finale delle votazioni. In alcuni casi incide anche l’imbarazzo che provano alcuni elettori a dichiarare il proprio voto.
In ambito politico va sottolineato che molti politici hanno più successo di altri perché riescono ad agire di più sull’aspetto emozionale delle persone che su quello razionale. Ma il settore in cui si lavora di più con il neuromarketing è quello del food, che ha diverse implicazioni.
“In generale, voglio ricordare un interessante studio che è stato fatto in ambito pubblicitario su uno spot realizzato per radio, televisioni e web – ha proseguito Russo – È emerso che la memorizzazione della radio vince su tutti, soprattutto quando lo spot è stato studiato in modo peculiare per questo media in modo immaginifico. La sequenza più efficace è trasmettere prima lo spot sulle radio e solo dopo su televisioni e Web. Abbiamo verificato, ad esempio, che anche il modo di guardare il banner di chi ha già sentito la pubblicità alla radio cambia perché avviene con maggiore attenzione ai contenuti”.
The new marketing
Negli ultimi anni il marketing ha avuto una trasformazione. “Nel new marketing di oggi c’è molta tecnologia, ma anche un ritorno all’umanizzazione nel rapporto con i clienti – ha detto Fabio Ancarani dell’Università Bologna – C’è poi il purpose, che diventa sempre più rilevante perché è un elemento discriminante delle scelte dei consumatori. Oggi si assiste a una crisi di fiducia tale tra le persone da far diventare a volte le imprese più credibili delle istituzioni. Da parte delle aziende il mix di tutto è fondamentale. Guai a stare fermi sull’antico, ma anche a dimenticare alcuni principi base del marketing”.
Secondo Chiara Mauri della Liuc è necessario fare marketing del marketing. Oggi non bisogna avere come obiettivo la massimizzazione della quota di mercato, ma avere il purpose nel Dna per affrontare con efficacia le grandi sfide nel mondo.
Le nuove forme della comunicazione
“La comunicazione è un termometro degli umori, un po’ come le Borse – ha detto Alberto de Martini di Conic – Se c’è una crisi si inizia sempre a tagliare da questo settore: siamo i primi a essere penalizzati e gli ultimi a beneficiare della ripresa. Per quanto riguarda i cambiamenti atto, rispetto al passato a impattare di più oggi è la brevità. Questo costringe a rendere il messaggio più efficace nel poco tempo a disposizione”.
Secondo de Martini, questo è il motivo per cui la musica oggi è così importante nella pubblicità, proprio per la sua capacità di rimanere di più nella memoria. È poi fondamentale l’aspetto strategico: bisogna distillare dall’azienda l’aspetto principale da comunicare in così poco tempo.
Andrea Fontana dell’Università di Pavia ha spiegato che si assiste all’avanzata dell’attivismo di marca con i brand che prendono sempre di più posizione sui temi sociali. Questo implica una narrazione autentica, coerente, trasparente e un coinvolgimento molto forte dei pubblici perché le storie devono emozionare. La tendenza al civismo di marca cresce, ma va gestita in modo adeguato.
Gaetano Di Tondi di Olivetti ha ricordato anche l’importanza del concetto di museo aziendale e di cultura dell’impresa. “Noi cerchiamo di mettere a valore la nostra storia – ha detto – e nel farlo ci rivolgiamo molto anche ai giovani”.
Il nuovo retail tra metaverso e territorio
Da più parti si dice che il nostro futuro è nel metaverso, ma per Giuseppe Stigliano di Spring Studios bisogna parla di metaversi, spazi in cui le persone trascorreranno il loro tempo come avatar e avranno le stesse esigenze che si hanno nel mondo reale, tra cui i consumi.
“In questo momento di grandi cambiamenti l’evoluzione del punto vendita la vedo verso luoghi che saranno point of education e point of meeting – ha spiegato Giorgio Santambrogio del Gruppo VèGé – In futuro la tecnologia avrà un ruolo sempre più importante, ma il mio auspicio è che i clienti possano entrare in un posto dove saranno sollecitati tutti i cinque sensi per far vivere un’esperienza davvero completa”.
Marcello Pace di Scarpe & Scarpe ha detto che oggi il profilo del consumatore è più complesso che in passato, più difficile da comprendere e rende più complicato anche pianificare nel lungo periodo. Questo porta a rischiare di meno e spinge a ottimizzare quello che si programma. La tecnologia diventa lo strumento indispensabile per fare tutto questo e, in quest’ottica, è stato introdotto anche l’uso dell’intelligenza artificiale.
Secondo Giuliano Noci del Politecnico di Milano è importante il rapporto tra tecnologia e uomo. La prima sublima il secondo, che diventa ancora più al centro della dimensione odierna. Questo è un punto fondamentale che va tenuto conto anche in un’ottica di sviluppo del retail perché rende possibile alle persone una dinamica di acquisto nuova rispetto al passato. Oggi si può acquistare in qualsiasi momento, in qualsiasi modo, ed è il consumatore che guida il processo. Tutto è così più incerto: un’incertezza che non va subita, ma gestita.
Cosa fare? “I punti vendita devono valorizzare le loro specificità, essere punti qualificati dove offrire servizi che possono avvenire solo di persona, ad esempio con una consulenza personalizzata. Questo spingerà i grandi centri commerciali fuori città a ritornare in ambito urbano in luoghi più piccoli, in cui il cliente sarà il protagonista”.
Alla ricerca del leader
“Viviamo in uno stato di continua crisi, in cui mancano fasi di assestamento, e occorre prendere decisioni senza potersi appellare a schemi pregressi. In una fase così difficile c’è bisogno di leader”. Lo ha detto Marta Residori di Humantek, intervenuta oggi all’ultima giornata del Milano Marketing Festival 2023.
Le sei qualità del leader
Quali caratteristiche deve avere un vero leader? Soprattutto sei:
- autorevolezza;
- presenza;
- decisione;
- coraggio;
- collaborazione;
- comunicazione.
“Il leader deve aiutare tutti a gestirsi a livello mentale all’interno di una crisi – ha proseguito Marta Residori – Dobbiamo poi considerare che oggi siamo asserviti alle competenze tecniche e ci siamo dimenticati di mettere al centro l’aspetto fondamentale: l’essere umano”.
La rivoluzione gentile
Gian Luca Teppati di OOM Consulting ha detto che il modo migliore per ribellarsi al linguaggio aggressivo, violento e populista oggi troppo diffuso è la gentilezza, che va applicata anche a un nuovo stile di leadership. Questo crea entusiasmo e collaborazione in azienda.
“Non sono nato gentile, in passato ero diverso, ma poi ho capito che la gentilezza è contagiosa e fa bene anche alla salute – ha spiegato Teppati – Bisogna però crederci davvero e questo implica coraggio”.
Come farlo? Ci sono tre A fondamentali:
- ascolto;
- accoglienza;
- accompagnamento.
“Qualcuno dubita che la gentilezza si sposi bene con la produttività, ma è vero l’esatto contrario – ha proseguito – I risultati si ottengono con il sorriso e perfino con il divertimento. Questo atteggiamento stimola infatti la capacità creativa delle persone, che viene messa a disposizione di un obiettivo comune. Bisogna quindi imparare a gestire la rabbia, ma attenzione anche a quella che con un neologismo ho definito ‘gentlilecca’, la gentilezza falsa e solo apparente”.
Ingrid Theresia Hollweck di Coachpeople ha spiegato che la voglia di raggiungere un obiettivo può portare a uno stile comunicativo aggressivo, ma è sbagliato e controproducente: i risultati si ottengono con il rispetto dei collaboratori.
“Se le persone stanno bene in un ambiente di lavoro si relazionano meglio con i clienti, con i colleghi e, quindi, producono anche di più”, ha concluso.
Per Anna Guatri della Fondazione Veronesi gentilezza significa forza. Una delle prime definizioni di fundraising è “insegnare alle persone l’arte gentile di donare”. La gentilezza è infatti alla base per chiedere un aiuto su un tema così delicato come la salute.
Vacanze e turismo, l’effetto molla
Cosa avviene nel settore turistico nel periodo post-pandemia? “Il 2022 è stato un buon anno con un ritorno alla normalità e nel 2023 la tendenza si sta consolidando – ha risposto Alessandro Biasi di Alpitour – In questo periodo verifichiamo il cosiddetto ‘effetto molla’ perché dopo anni di chiusura c’è voglia di viaggiare e si registrano grandi anticipi nelle prenotazioni”.
Per Riccardo Pistoia di PNGroup oggi non si cerca più solo una vacanza, ma un’esperienza. La pandemia ha cambiato anche i clienti del comparto vacanze e turismo, che ora sono più attenti anche ad aspetti come la sicurezza.
Datasfera
Massimo Chiriatti, di Lenovo Italia, è autore del libro “Incoscienza artificiale”. “L’AI è stato già in passato un concetto non corrispondente alla realtà perché le macchine non sono intelligenti. Si tratta invece di una disciplina che, sulla base di ciò che è stato fatto in passato, può suggerire cosa fare in futuro – ha detto – Si basa soprattutto su dati, capacità computazionale e algoritmi”.
Secondo Chiriatti, rispetto al passato oggi c’è una grande quantità di dati accessibili anche alle aziende più piccole, ma nei dati ci possono essere, ad esempio, anche fake news e per questo il contributo umano è ancora così importante.
“L’algoritmo si limita a usare i Big Data per cercare correlazioni che favoriscono risposte – ha spiegato Elena Esposito delle Università di Bielefeld e Bologna – Non si può quindi parlare di macchine intelligenti, ma di partner comunicativi che non hanno nulla a che fare con l’intelligenza umana. Questo cambia i termini della questione”.
Per Caterina Sismeiro dell’Imperial College London la chiave di lettura è mettere insieme gli algoritmi e gli esseri umani, con la loro capacità critica.
In quali ambiti si possono ottenere i maggiori benefici con l’AI? “È molto utile per la costruzione di profili e le segmentazioni – ha risposto Guido Di Fraia dello Iulm – Ci sono poi l’uso di chatbot, che non sono solo canali di comunicazione ma anche di generazione di dati, e la possibilità di ottimizzare i contenuti. Bisogna fare formazione in ambito tecnologico così come in quello umanistico per avere dei ‘mediatori culturali’ tra la tecnologia e le aziende”.
“C’è un aumento esponenziale dei dati, che vengono generati in vario modo – ha detto Fabrizio Milano D’Aragona di Datrix – Questo aumenta l’attenzione delle aziende che si propongono di trasformare tutto in attività produttive. E qui entra in gioco l’artificial intelligence, che può aiutare a competere sul mercato”.
La gestione del caos
In questo periodo ci si troviamo di fronte alla necessità di gestire il caos. Cosa fare? “La crisi ferma vecchie modalità di business, ma può anche inaugurarne di nuove – ha risposto Mauro Ferraresi dell’Università Iulm – Non ci si deve fermare di fronte ai problemi, ma cogliere le opportunità di quello che chiamo il presente anticipato. Un aspetto importante è la duttilità, di cui sono dotate più le Pmi che le grandi multinazionali. Anche le università una volta erano ‘torri d’avorio’, mentre oggi sono duttili e cambiano di continuo i corsi in base a ciò che avviene nella società”.
Derrick De Kerekhave di TuttiMedia ha detto che con i social media si è passati da un’opinione collettiva a una connettiva. Oggi ci sono alcune community che hanno un ruolo importante nel marketing – basti pensare agli influencer – e le aziende devono imparare a gestire questi cambiamenti.
“Le imprese devono anticipare i cambiamenti utilizzando gli strumenti a disposizione – ha detto Roberto Paura dell’Italian Institute for the Future – Bisogna costruire dei piani d’azione alternativi per il futuro, ma fino a quando si guarderà solo il guadagno a breve termine questo sarà difficile”.
ComunicazioneEventi