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02 12 2022

IF! 2022, la rivoluzione della gentilezza

La rivoluzione della gentilezza” è il tema scelto per la nona edizione di IF!, il Festival della creatività, che si è svolto nei giorni scorsi allo Spazio Base Milano. Una gentilezza intesa anche come sostenibilità sociale e inclusività, come modo per uscire tutti insieme da un momento difficile.

Brian Williams di Google ha sottolineato come gli ultimi due anni abbiano cambiato molto l’approccio delle persone ai video, che se sono creativi sono la tecnologia più disruptive che abbiamo. “Oggi viviamo nell’era dell’integrazione e dell’automazione in cui bisogna essere metà artigiani e metà piloti di Formula 1 – ha detto – L’inclusione è passata da essere un imperativo sociale a uno anche di business”.

 

A piedi nudi sulla terra

L’attore Elio Germano e lo scrittore Folco Terzani hanno poi presentato il loro audiolibro “A piedi nudi sulla terra”, che racconta la storia di Baba Cesare, un italiano che dopo aver vissuto esperienze difficili si trasferì in India per vivere una vita all’insegna dell’ascetismo in una grotta.

“La sua scelta di allontanamento, rinuncia di tutto è simile ad altri personaggi della storia e ha che a fare con la gentilezza perché è un rifiuto della competizione, della lotta dell’uno contro l’altro che caratterizza la nostra società. Il suo è stato un ritorno all’umanità – ha detto Germano – La scelta di Baba Cesare implica anche l’accettazione del fallimento che, per paradosso, in India lo fece diventare ‘santo’. L’ascetismo non va visto come qualcosa di triste, ma all’opposto come una forma di autonomia, di libertà e, quindi, di piacere. Oggi la nostra società crea uomini infelici e solo chi decide di donarsi agli altri senza pensare di ottenere qualcosa in cambio riesce e essere davvero felice”.

“Nella storia ci sono sempre stati re e asceti – ha aggiunto Terzani – Oggi tutti siamo abituati a pensare da re, ma bisogna ricordare che c’è un’altra via per vivere”.

 

Il valore del metaverso

Emma Cochrane di Accenture ha introdotto nel mondo del metaverso, che ha definito una sorta di “Internet evoluto”. È un futuro che creerà nuove opportunità sociali ed economiche, promuoverà inclusione e diversità, migliorerà il modo in cui le persone possono imparare a lavorare, giocare, vivere, svilupperà il valore della sostenibilità e della trasparenza.

 

Leader, ma non troppo

Giuseppe Morici, manager del Gruppo Feltrinelli, ha presentato il suo libro “Leader, ma non troppo”. Secondo Morici, la vera leadership deve sapere anche scomparire, quando necessario, per occuparsi della leadership degli altri.

“Bisogna essere presenti quando c’è bisogno di aiutare il team – ha detto Morici – In questo ruolo c’è una similitudine con la genitorialità, che non significa però essere paternalisti. Il concetto è invece rendere autonome le persone, aiutare a crescere senza paura di essere anche superati. Leader non si nasce, ma lo si diventa presto perché è il risultato delle esperienze vissute negli anni in cui si è più plasmabili”.

Morici ha spiegato che la leadership deve essere autentica e accettare di non essere tutto per avere un approccio sereno, che significa anche gentilezza. Il compito del leader è creare un paesaggio armonico in un contesto complesso. Il leader deve occuparsi di quello che non c’è ancora, del futuro, perché di quello che già esiste se ne devono occupare altri, che magari sono anche più bravi a farlo. Il vero leader deve guardare lontano perché ha più esperienza per farlo. Un esempio da seguire è stato quello di Adriano Olivetti.

“Oggi è importante il rapporto tra purpose e sostenibilità – ha proseguito Morici – Faccio un esempio: negli anni ’50 vendere lavatrici aveva anche una funzione sociale, oltre che economica, perché si era allineati con quelle che erano le richieste della società. Oggi abbiamo superato questo aspetto da trent’anni, ma con la sostenibilità abbiamo finalmente la possibilità di rimettere in sincrono l’aspetto commerciale con quello sociale”.

 

Questione di podcast

Durante l’incontro “Questione di podcastGiacomo Zito di Cast Edutainment e Gli Ascoltabili ha spiegato che la radio oggi risponde a delle logiche quasi granitiche, mentre i podcast permettono di focalizzarsi su delle storie. Sono uno strumento sempre più utile anche per le aziende perché durante un podcast l’ascoltare è più predisposto a seguire con attenzione ciò che viene detto.

“Il podcast ha una vita lunga ed è spesso legato a community precise – ha detto – La logica non è di massa, ci si rivolge a pubblici specifici e bisogna stare molto attenti ai primi secondi perché sono quelli in cui gli ascoltatori decidono se proseguire o meno l’ascolto”.

La copywiter Elena Magni si è soffermata sull’arte della scrittura creativa, che deve saper creare sorpresa, favorire incontro, emozione.

“Scrivere è un processo faticoso, ma bello – ha spiegato – Su nutre soprattutto di tre aspetti: lettura, esercizio e lima, intesa come capacità di non accontentarsi di quello che si è scritto, ma di trovare parole che hanno davvero qualcosa da dire”.

 

L’arte in pugno

Omar Hassan ha raccontato la sua singolare esperienza di pugile-pittore, che dipinge a colpi di guantoni intinti nei colori. “Trasferire un gesto di rottura come un pugno in creazione è una sfida difficile – ha spiegato – Quando però ho presentato le mie opere in una piazza difficile come Londra e hanno suscitato molto interesse ho capito di essere sulla strada giusta”.

Hassan ha raccontato anche un aneddoto. Tempo fa si trovava a Miami per una mostra e una sera ha assistito a uno scippo di una signora, rimasta traumatizzata sotto la pioggia. Si è avvicinato per aiutarla e lei gli spiegò che doveva prendere un aereo poco dopo, ma che era rimasta anche senza soldi per acquistare il biglietto. Hassan si offrì di accompagnarla all’aeroporto, dove le prestò anche il denaro per acquistare il biglietto, e durante il tragitto raccontò alla signora che era a Miami per esporre i suoi quadri. Qualche giorno dopo la signora lo chiamò per ringraziarlo e restituirgli i soldi. Non solo: chiese di vedere la mostra insieme alla sua migliore amica. Quell’amica era Sharon Stone, che da quel giorno diventò una collezionista di quadri di Hassan, oltre che sua amica personale. “Tutto questo per dire che la gentilezza paga”, ha concluso l’artista.

 

Guida alle relazioni gentili

Aurora Ramazzotti, conduttrice e creator, ha poi affrontato il tema delle relazioni gentili insieme alla psicoterapeuta Valeria Locati.

Secondo Aurora Ramazzotti, oggi si sacrifica la gentilezza alla praticità, ma a volte bastano pochi gesti e un ascolto interessato delle persone per creare un circolo virtuoso di benessere mentale.

Cos’è la gentilezza? “Essere gentile non significa solo avere uno stile accogliente, ma è una modalità con cui si sta all’interno dei rapporti – ha detto Valeria Locati – La gentilezza oggi stupisce, fa sentire bene e ha un effetto relazionale. Significa avere cura dell’altro: dello sguardo, delle parole e della situazione che vive”.

“Per me gentilezza è qualcosa che risiede nelle piccole cose, ma richiede impegno: occorre ascoltare, accogliere e, se possibile, accompagnare – ha detto Aurora Ramazzotti – Bisognerebbe sempre chiedersi come si sente una persona in un certo momento, senza dare nulla di scontato”.

Aurora Ramazzotti ha presentato un vademecum della gentilezza:

  • scegliere relazioni gentili, non “tossiche”, sgombrando le narrazioni dagli aspetti negativi;
  • imparare dagli errori e guardare al passato per fare crescere la gentilezza;
  • impegnarsi senza sottovalutazioni perché a volte bisogna superare anche dei pregiudizi;
  • darsi la possibilità di essere genuinamente curiosi degli altri, che implica riconoscimento dell’altra persona e del suo vissuto;
  • ambire a un mondo di relazioni gentili per superare la logica individualistica e autoreferenziale.

Secondo lo scrittore Mark Twain “La gentilezza è il linguaggio che il cieco può vedere e il sordo può sentire”.

 

Questione di stile (e fair play)

Quali sono i valori importanti nello sport? A questa domanda, secondo un’indagine condotta da Dentsu Italy, solo una persona su dieci ha risposto la gentilezza. A questa parola, però, sono stati abbinati valori importanti come lealtà, rispetto e fair play.

Ne ha parlato Gigi Datome, capitano della Nazionale italiana di basket, secondo cui “Nello sport professionistico c’è poco spazio per la gentilezza durante le performance, ma io ho l’ho praticata nei rapporti con i colleghi. Da giovanissimo arrivai a Siena in una squadra di campioni e ho applicato quella che è sempre stata la mia regola di vita, che in fondo è sinonimo di gentilezza: lavorare tanto e parlare poco. In questo modo mi sono guadagnato il rispetto dei ‘senatori’ della squadra”.

Dopo aver vinto il premio come migliore giocatore della serie A, Datome è poi andato a giocare nella NBA americana, dove ha dovuto ripartire da zero. “All’inizio ero visto in modo strano, anche per alcune abitudini diverse dalle loro, oltre che per il fatto di essere europeo – ha raccontato – Lì ho trovato solo gentilezza patinata, di facciata e l’impatto è stato difficile, ma ho continuato a essere me stesso. Ancora adesso pratico la gentilezza quando, ad esempio, cerco sempre di dedicare qualche minuto ai tifosi che mi fermano in modo gentile perché credo sia giusto restituire loro qualcosa. Io stesso sono un fan di Patti Smith e quando ho avuto l’opportunità di conoscerla temevo di rimanere deluso. È stata invece molto gentile e questo ha fatto aggiungere alla mia stima artistica anche quella personale”.

 

Il valore della fragilità

Stefano Massari, mental coach del tennista Matteo Berrettini, ha detto che la gentilezza ha a che fare con la consapevolezza di essere tutte persone limitate, che si devono migliorare. Se accettiamo di essere limitati accettiamo anche i limiti degli altri e questo fa nascere la gentilezza.

“C’è anche una presa di coscienza della nostra vulnerabilità – ha spiegato – Essere gentili costa un po’ più di fatica di essere stronzi, ma è molto meglio”.

 

I brand nell’era dell’odio

Gaetano Grizzanti, esperto di branded identity, ha spiegato che odio e amore sono due facce della stessa medaglia. Tanto è vero che può capitare di odiare la persona amata perché i due sentimenti coesistono.

“Un brand è concettualmente sovrapponibile a una persona e, quindi, può essere oggetto di amore, odio o indifferenza. Ma la ricerca sulle emozioni negative verso i brand è ancora poca – ha detto – Il primo passo per gestire le emozioni è trasformare il proprio marchio in una marca. Se un marchio non suscita un’emozione forse non è un davvero brand”.

Secondo Grizzanti, oggi non siamo più nell’era della realtà, ma della percezione. Il brand deve incarnare un ideale proprio per distinguersi sul mercato e differenziarsi dai competitor. Il brand 1.0 è stato uno status, con l’immedesimazione con uno stile di vita. Il brand 2.0 è stato senso, sensazione derivata dal benefit del prodotto. Oggi siamo nell’era del brand 3.0 che comporta sintonia, emozione, legame a un credo che prescinde dal prodotto o servizio.

Queste sono le parole tabù per una buona comunicazione di brand:

  • per emozionare non usare la parola emozione;
  • per evidenziare l’esperienza non usare la parola esperienza;
  • per suscitare passione non usare la parola passione;
  • per dimostrarsi differenti non usare la parola differente.

 

La creatività sul confine tra ragione e follia

Per il filosofo Umberto Galimberti creazione significa creare dal nulla, mentre i creativi in realtà partono dalla cultura, da ciò che fa parte del loro bagaglio di esperienze e li ispira. Perciò il termine creativo, in realtà, è fuorviante.

“Ogni produzione artistica nasce solo se si ha confidenza con la propria parte folle, non dalla ragione – ha detto – Platone diceva che i doni più grandi ci arrivano dalla follia, mentre con la ragione non si crea niente perché è solo un insieme di regole. I sogni, ad esempio, sono il teatro della follia. Bisogna quindi avere cura della follia, ma si può anche correre il rischio di non riuscire a contenerla”.

 

La gentilezza è sinonimo di forza

Lo scrittore Roberto Saviano ha sottolineato che è un grande errore considerare la gentilezza una declinazione della debolezza perché è vero l’esatto contrario. In realtà, è l’unico spazio possibile per dialogare e confrontarsi.

“La gentilezza nel quotidiano, nel lavoro, è fondamentale – ha spiegato – È diversa dalla cortesia, che è pura formalità. La gentilezza è invece interesse per quello che capita intorno e per praticarla bisogna essere forti perché implica apertura verso gli altri”. D’altronde, secondo James Dean “Solo le persone gentili sono davvero forti”.

Si può essere gentile in una società come la nostra molto competitiva? “La gentilezza non dipende dalle condizioni, ma dalla scelta di cosa si vuole essere – ha risposto Saviano – Non è un’inclinazione o un’attitudine, ma una scelta. Nell’epica l’eroe è Ulisse, che non ha paura delle sue emozioni. A volte bisogna però avere il coraggio di essere divisivi: occorre scegliere da che parte stare, senza avere la pretesa di piacere a tutti. Questo è importante anche per le aziende perché rafforza il brand. Chi acquista qualcosa deve sapere che non compra solo un prodotto, ma una certa visione del mondo”.

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