23 03 2021
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Il Milano Marketing Festival ha dedicato un webinar al tema del valore del brand, che si ottiene con la gestione del marchio. Massimo Pizzo con Brand Finance stila ogni anno una graduatoria dei 500 brand più forti. “Il valore dell’immagine/reputazione vale circa il 20% del brand e può arrivare al 50% nel lusso – ha spiegato – Per realizzato la classifica teniamo conto di diversi fattori quali, ad esempio, il marketing mix, il ritorno in reputation e in business. Anche la responsabilità sociale incide per circa il 15%”.
Per avere un’idea, il marchio Apple vale 263 miliardi di dollari e ispira molto per il suo purpose, ma più di recente ha ottenuto un ottimo risultato WeChat, un’app molto usata soprattutto in Cina, che in poco tempo ha raggiunto un valore di 68 miliardi di euro superando anche Ferrari.
Come saranno scelte le insegne in futuro
Giorgio Santambrogio di Vègé ha spiegato che in una certa fase della pandemia il brand ha avuto quasi un effetto rassicurante. Alcuni punti vendita hanno fatto sentire le persone a proprio agio, c’è stata una riscoperta della piccola distribuzione e una maggiore attenzione ai prodotti a marchio. In generale, l’intera filiera si è comportata con grande senso di responsabilità.
Secondo Santambrogio, le nuove keyword valoriali che in futuro faranno scegliere un’insegna saranno tre:
- responsabilità sociale;
- sostenibilità ambientale, sociale ed economica;
- riduzione degli sprechi alimentari.
I profumi come “firme olfattive” dei brand
Gianluca Toniolo di LVMH si è soffermato sulle peculiarità nel settore del lusso: “In questo settore il paradigma è cambiato: non è più top-down, il rapporto si è invertito – ha detto – Oggi il brand del lusso cerca di interpretare le richieste in una logica di servizio al consumatore, che è sempre più informato e si avvicina ai marchi che non dichiarano di essere sostenibili, ma lo sono davvero”.
Luca Josi ha spiegato che Tim si rivolge a una pluralità di target e per questo cerca di comunicare nel modo più ampio possibile. “Negli ultimi tempi stiamo usando una tecnica di comunicazione ‘fiabesca’ nell’espressione visiva e nei toni perché è rassicurante – ha detto – Quando i tempi sono grigi bisogna dare colore. Abbiamo anche scelto come testimonial Mina perché è la voce italiana più riconoscibile, che accomuna. In futuro continueremo a cercare la semplicità creativa perché è qui che si trova la comunicazione a più ampio spettro”.
Secondo Luca Barabino della Barabino e Partners il brand è molto legato alla relazione, che è un elemento centrale. “La rivoluzione digitale ha portato a un’esposizione elevata dei brand – ha detto Barabino – Oggi bisogna fare leva sullo scopo, sui valori, sulla missione, in una parola sul purpose. La reputazione del brand è collegata anche alle persone che lavorano nelle aziende, diventate ormai delle media company in grado di generare posizionamento”.
Carlo Mangini del Consorzio Parmigiano Reggiano ha spiegato che il parmigiano non è solo un formaggio, ma la sommatoria dei valori del territorio, della comunità e delle capacità nutrizionali. E su determinati valori condivisi bisogna essere sempre coerenti.
Paolo Persico ha presentato l’originale attività di Scent Company. “L’idea è nata durante dei viaggi di lavoro negli Stati Uniti, dove i negozi usano i profumi per attirare i clienti – ha raccontato – Una volta tornato in Italia ho lanciato un’attività che crea delle ‘firme olfattive’ che identificano un brand e ‘parlano’ del marchio e di cosa vuole comunicare”.
Si parte da un’analisi molto precisa delle strategie dell’azienda e della sua cultura e si trova il profumo più adatto a ogni esigenza. È una scelta importante: secondo alcuni studi, ad esempio, i primi dieci minuti sono determinanti per una persona per capire se in un albergo si troverà bene. E nei punti vendita un ambiente piacevole aumenta il tempo trascorso in negozio e predispone di più all’acquisto.
“Lo stato emozionale è molto importante e dà valore al brand – ha concluso Persico – In questo contesto i profumi svolgono un ruolo fondamentale”.
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