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20 04 2020

Export digitale, dalla difficoltà all’opportunità

Nel 2019 i dati relativi all’export sono stati positivi, ma l’emergenza di questi giorni è destinata a cambiare tutto. Pur in un momento di grande difficoltà si potranno comunque creare nuove opportunità per il digitale. Le nuove tecnologie possono aiutare le imprese a reagire, ma è tempo di innovare.

Di questo si è parlato in occasione del convegno del Politecnico di Milano “Export digitale: è tempo di innovare!”, che Take ha seguito in streaming.

Italia ottavo paese esportatore del mondo

“Nel 2019 le stime preliminari indicano una crescita del Pil mondiale compresa tra il 2,6% e il 2,9% – ha detto Lucia Tajoli del Politecnico di Milano – In questo contesto ci sono differenza tra i diversi mercati: nei paesi emergenti si è ad esempio registrato un incremento più sostenuto”.

La Cina è il primo esportatore al mondo e il secondo importatore. Gli Usa sono il secondo esportatore e il primo importatore, mentre la Germania è terza. E l’Italia? È l’ottavo paese esportatore al mondo, con una quota sull’export mondiale di circa il 2,9%.

“Nel corso dell’anno c’è stata una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina – ha spiegato Lucia Tajoli – Uno dei pochi aspetti positivi della crisi attuale potrebbe essere quello di fermare questo scontro”.

Quanto valgono le esportazioni italiane? Nel 2019 sono aumentate di poco più del 2% arrivando a circa 476 miliardi di euro, una crescita quasi doppia di quella registrata dal comparto della produzione.

Oltre la metà dell’export italiano è diretto ai paesi dell’Unione europea. Al di fuori dell’Unione europea il principale mercato è quello americano, con un peso del 9,5%. La Cina ha un peso solo del 2,7%.

I settori principali delle esportazioni italiane sono macchinari industriali, autoveicoli, abbigliamento e pelletteria, agroalimentare.

 

Mercati sempre più digitali

Quale sarà l’andamento economico mondiale nel 2020? “Questo è un grande punto di domanda, il livello di incertezza è elevatissimo – ha risposto Lucia Tajoli – Il problema è dovuto al fatto che la crisi è globale. Un modo per stimare l’andamento dell’economia è guardare i consumi energetici. E nel Nord Italia il calo dei consumi elettrici nelle ultime settimane è stato di oltre il 30%. Si può sperare che le politiche economiche aiutino la situazione generale e prevedere cambiamenti strutturali: tutti i mercati si stanno abituando a diventare più digitali di prima. Una volta superata la crisi si potrebbero creare nuove opportunità con effetti positivi”.

 

Export digitale in crescita

Riccardo Mangiaracina ha presentato i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano da cui emerge che l’anno scorso l’export digitale di beni di consumo in Italia è stato di 10,3 miliardi di euro, con una crescita del 12% rispetto al 2018. I comparti preponderanti sono risultati fashion (66%), food (11%) e home design (8%).

L’export digitale b2b ha raggiunto un valore di 134 miliardi di euro, due in più dell’anno precedente. Tra i settori che hanno inciso maggiormente, automotive (22%) e tessile/abbigliamento (15%).

In conclusione:

  • l’export digitale continua a crescere, ma il peso rispetto all’offerta è limitato;
  • il fashion si conferma il settore trainante dell’export digitale b2c;
  • l’automotive mantiene il primato in ambito b2b.

 

Le differenze tra i diversi mercati mondiali

Lucia Piscitello di Sace Simest ha sottolineato il ruolo crescente del consumatore digitale, a maggior ragione negli ultimi tempi. Occorre prendere consapevolezza di chi è e come si comporta.

Da un’analisi svolta in Italia da Sace Simest a gennaio 2020 è emersa una crescita in un anno del 7% di Internet users, del 9% di Social Media users e del 2,4% di Mobile users.

I mercati mondiali possono essere suddivisi in tre:

  • Next Generation (mercati in via di sviluppo con potenziale di crescita);
  • Established and growing (stabili e in crescita, in cui il commercio online è già ben avviato);
  • Digital Dna (stabili, con comportamenti di consumo online solidi e un elevato tasso di adozione della tecnologia).

A seconda delle aree geografiche esistono differenze sostanziali tra i consumatori. Ci sono clienti:

  • abituali (acquistano online almeno una volta al mese);
  • sporadici (comprano ogni trimestre);
  • intensivi (una volta la settimana).

In Europa prevalgono abituali e sporadici, nell’area Asia-Pacifico gli intensivi.

Il consumatore digitale medio spende ogni anno circa 500 dollari per acquistare beni di consumo. Nel 2019, il settore turistico ha registrato un rallentamento, mentre quello dell’arredo ha ottenuto il tasso di crescita più alto: +19%.

Nell’e-commerce anche dall’Africa arrivano ora segnali positivi, soprattutto da Nigeria, Kenya e Sudafrica. Il mercato ha potenzialità perché la popolazione è giovane e usa sempre di più nuove tecnologie. Si tratta soprattutto del mercato mobile, ma il traino sarà costituito dall’urbanizzazione. In Africa si registra bassa fedeltà alla marca e alta elasticità alla domanda del prezzo.

Negli Stati Uniti l’acquirente online è sofisticato, si aspetta un prezzo competitivo, opzioni di pagamento facili.

Gli Emirati Arabi sono un grande mercato online, che può contare su una significativa capacità di spesa del consumatore.

In Giappone il consumatore sceglie di acquistare online soprattutto per convenienza e sono in molti ad avere più di un dispositivo mobile.

La Cina è il primo mercato mondiale di mobile commerce. Tra le caratteristiche peculiari, la diffusione della modalità di pagamento e-wallet e l’inclinazione alla spesa in base alla provenienza geografica.

In Europa si assiste al trend del phygital, l’esperienza che consiste nel passare dall’online all’offline. Nel Vecchio Continente si registra frammentazione, customer journey, GDPR e mobile first, mentre in Cina prevalgono integrazione, content journey, data mining e smile to pay.

 

 

 

 

 

 

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