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05 04 2024

AI, la velocità aumenta

“Oggi con l’AI generativa bisogna abituarsi a una velocità che aumenta. Occorre quindi farsi trovare pronti a sfruttare tutte le sue potenzialità e a valutare l’impatto”.

Lo ha detto Mario Nobile, direttore generale di AgiD, Agenzia per l’Italia Digitale, intervenuto all’AI Forum 2024, che si è svolto a Palazzo Mezzanotte.

Aprire spazi di prova

“Negli ultimi tempi c’è molta attenzione da parte della politica, che deve valutare opportunità e rischi – ha proseguito – I vantaggi sono dare alle imprese e alle persone strumenti di miglioramento. L’Italia è il settimo paese al mondo per ricerca scientifica, ma esiste una carenza nel passaggio al mondo del lavoro. Occorre quindi aprire spazi di prova per agire nelle aziende, nelle università, negli istituti di ricerca e porci l’obiettivo di diventare anche produttori di intelligenza artificiale”.

Il regolamento europeo

Brando Benifei, co-regolatore del Regolamento sull’AI del Parlamento europeo, ha spiegato come l’Europa sia stata la prima a dotarsi di una legge specifica, che richiede però ancora tempo per diventare obbligatoria. Saranno necessari sei mesi per fare entrare in vigore i divieti e un paio d’anni per altri aspetti, come la gestione del rischio.

“Con il regolamento vogliamo creare fiducia e trasparenza, dare certezze agli operatori – ha detto Benifei – Questo modello non si afferma, però, solo con le regole, ma anche con ricerca e investimenti”.

Secondo Benifei, le imprese devono essere preparate. Per questo motivo è stato creato un patto per l’AI della Commissione europea, per evitare che le aziende possano avere timore di non riuscire a rispettare le regole.

“Ci vogliono tutela del lavoro creativo e lotta alla disinformazione – ha concluso Benifei – Esiste la responsabilità degli sviluppatori, ma anche di molti utilizzatori. È necessaria un’alleanza per l’AI con regole esigibili e certe”.

Creare sinergia tra università e aziende

Gianluigi Greco, presidente dell’Associazione italiana per l’intelligenza artificiale, ha spiegato che nella strategia per l’AI in Italia molto si è già fatto, ma bisogna definire un aggiornamento che tenga conto di aspetti quali:

  • mutato quadro normativo;
  • maggiore consapevolezza dei rischi connessi all’utilizzo dell’intelligenza artificiale;
  • evoluzioni della tecnologia.

Dal punto di vista accademico, ci sono già molti corsi universitari nel nostro Paese, ma l’Italia è solo a metà classifica nell’Indice Desi e, per quanto riguarda il rapporto tra capitale umano e tecnologia, siamo fanalini di coda in Europa.

“Non mancano solo i laureati, ma anche le competenze digitali di base – ha spiegato Greco – Questo ritardo non ce lo possiamo permettere ed è indispensabile colmare il gap al più presto”.

Greco ha poi ricordato che in Italia già nel 1988 c’erano ricercatori che si occupavano di intelligenza artificiale. È stato creato anche un dottorato nazionale in AI e la Fondazione Fair (partenariato esteso finanziato dal PNRR), che promuove l’innovazione basata su artificial intelligence.

“Ora occorre mettere le università in sinergia con le imprese – ha detto Greco – Bisogna farlo subito, in un momento in cui il mercato dell’AI cresce a doppia cifra e a livello internazionale un’azienda su due usa l’intelligenza artificiale”.

In Italia, il 71% delle imprese prevede di implementare l’AI generativa nei prossimi due anni, ma tarda a iniziare. Come mai? I motivi sono soprattutto:

  • mancanza di skill;
  • necessità di grandi investimenti;
  • difficoltà a trovare business case.

“Nel nostro Paese si parla molto di AI, ma nelle aziende spesso ci si chiede ancora a cosa serva e questo crea ritardi. Bisogna quindi entrare in tutte le imprese e investire – ha proseguito Greco – Siamo in ritardo anche come startup rispetto, ad esempio, a Francia e Germania. In generale, la regolazione europea è importante ma non basterà. Bisognerà discuterne al G7”.

Un film sull’AI realizzato dall’AI

Carlo Rodomonti, responsabile Digital Marketing di Rai Cinema, e Francesco Frisari, autore e regista, hanno presentato il progetto The Prompt.

“Si tratta di un film sull’AI generato dall’AI – ha spiegato Frisari – Sarà il primo di tre cortometraggi che parlerà delle paure causate dalle nuove tecnologie, raccontate proprio dalle nuove tecnologie”.

Nel film, l’AI è stata alimentata dalle nostre storie e dai nostri stereotipi, a partire da quella sull’intelligenza artificiale che distruggerà l’umanità. Per rimediare, l’umanità si troverà a dover scrivere miliardi di storie dedicate all’AI che la salverà.

“Si ragiona in maniera sarcastica e fantastica sulle paure delle nuove tecnologie per mostrare che al centro c’è sempre la natura umana”, ha concluso Frisari.

 Il gap tra grandi aziende e Pmi

Nicola Gatti, docente di Artificial Intelligence al Politecnico di Milano, ha sottolineato la sostanziale differenza nell’adozione dell’AI tra grandi imprese e Pmi. Tra queste ultime, solo il 5% ha una progettualità a regime.

Gatti ha poi ricordato che in Italia, dal 2018 a oggi, il mercato dell’AI è cresciuto del 262% e nel 2023 ha raggiunto un valore di 760 milioni di euro. I settori più in crescita sono telco e media, ma la quota di mercato maggiore è dei comparti energia e banking. L’AI generativa per ora vale il 5% del totale, pari a 38 milioni di euro.

“Oggi il 17% delle grandi aziende ha progetti di AI generativa, che ha il merito di avere accesso i riflettori sull’intelligenza artificiale, ma rischia di ampliare il gap tra le aziende innovative e le altre”, ha spiegato Gatti.

Gestire i rischi

Per Marina Geymonat, esperta di AI e divulgatrice, invece di chiedersi come l’AI possa essere d’aiuto bisognerebbe domandarsi prima cosa farne. Per le aziende ci sono opportunità e rischi, che occorre affrontare gestendoli.

“Bisogna comprendere la necessità di trasformare il modo di lavorare tramite l’AI – ha spiegato – Ogni impresa deve trovare le golden use case tramite workshop in cui lavorare insieme.

AI e sostenibilità

Secondo Michela Milano, direttrice di Alma AI, è importante il rapporto tra intelligenza artificiale e sostenibilità.

“Innanzitutto, la sostenibilità non è solo ambiente, ma anche società ed economia – ha detto – Il connubio è duplice: l’AI può aiutare a risolvere problemi legati alla sostenibilità, ma bisogna considerare che anche l’intelligenza artificiale, con i suoi supercalcolatori, ha un impatto sull’ambiente”.

Dal primo punto di vista, l’AI può ad esempio migliorare il consumo di energia, rifiuti e la mobilità nelle città. Le macchine per l’intelligenza artificiale consumano, però, molta energia e può essere l’AI stessa ad aiutare a trovare soluzioni per ridurre il problema.

“In prospettiva, bisognerebbe insegnare l’AI a tutti perché solo così si potrà utilizzarla nel modo migliore”, ha concluso Michela Milano.

Etica ed empatia

“La natura dell’intelligenza umana è molto diversa da quella dell’AI – ha detto Federico Faggin, fisico e imprenditore – La differenza principale è la coscienza, un fenomeno poco studiato e capito. La coscienza consente di conoscere la realtà sia interiore sia esteriore tramite le sensazioni e i sentimenti che proviamo. Nella fisica classica e nei computer l’informazione è priva di significato. Nell’intelligenza artificiale il significato umano viene reificato nei valori dei parametri di una rete neurale artificiale durante il training, tuttavia il computer non comprende. Ci sono aspetti come l’etica, l’empatia e il coraggio necessari per utilizzare l’AI per il bene comune che solo noi possediamo”.

 

 

 

 

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