24 10 2023
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“Anche in un’era caratterizzata dalla tecnologia la differenza la farà sempre la creatività, che oggi va abbinata alla sostenibilità”. Lo ha detto Sir John Hegarty, guru della pubblicità, l’ospite più atteso a IF!23, la decima edizione del Festival della Creatività, che si è svolto al Teatro Franco Parenti di Milano.
Jimi Hendrix e i Soft Machine
Hegarty ha iniziato il suo intervento all’evento, che quest’anno ha scelto come filo conduttore il rock’n’roll, con una metafora riferita proprio a questo genere. Ha raccontato di quando la band dei Soft Machine, caratterizzata dall’uso della tecnologia nella musica, suonò a un concerto prima di Jimi Hendrix. Al termine del concerto Hendrix era circondato da belle donne, mentre i Soft Machine erano attorniati solo da ragazzi che volevano avere informazioni sulla tecnologia applicata alla musica. “Morale: troppo tecnologia fa male alla vita sessuale”, ha detto Hegarty tra le risate del pubblico.
Poi ha affrontato il tema della pubblicità. “Quando l’industry è in crisi l’audience rigetta il nostro lavoro, come dimostrano diverse ricerche – ha spiegato – Il numero di persone che apprezzano l’advertising nel Regno Unito è crollato dal 1984 al 2018. Cosa fare? Molti hanno continuato sulla strada della mediocrità, che peggiora le cose perché bisogna avere rispetto delle persone. Quale settore è sopravvissuto creando un prodotto peggiore? Altri hanno scelto la velocità, perché l’eccesso di tecnologia porta a questo. Ma anche la fast advertising non funziona”.
Per Hegarty la risposta giusta è la creatività, non la tecnologia. Secondo McKinsey Agrees, le aziende più creative sono il 16% più innovative delle altre e hanno un rendimento totale per gli azionisti superiore del 70% alla media.
“La creatività ha un elemento che fa la differenza, rispetto a chi pensa solo al profitto: la passione – ha proseguito – Bisogna avere più gente creativa al vertice di tutti i settori, di tutte le aziende. Occorre convincere anche i clienti che un lavoro creativo è sempre migliore”.
Oggi la creatività deve però riposizionarsi in base al concetto che un brand non è fatto dalla gente che lo compra, ma da quella che lo conosce. “Ad esempio, io non ascolto la musica di Taylor Swift, ma so chi è – ha spiegato – Questa fama diffusa aiuta a farsi conoscere sempre di più ed è così anche per i brand”.
C’è però un altro aspetto che oggi fa la differenza: la sostenibilità. “Invece dei Leoni d’oro o d’argento per la pubblicità bisogna assegnare quelli verdi – ha concluso Hegarty – Non bisogna entrare in un settore per farlo diventare ricco, ma per cambiarlo in meglio. E se questo avverrà diventerà anche più ricco”.
Respect, equity & rock’n roll
Il primo giorno di IF! si è parlato di come riaffermare la cultura del rispetto di genere. Secondo un dato dell’Istat, in Italia il 43% delle donne tra i 14 e i 65 anni ha vissuto esperienze di molestie.
“Le molestie sessuali sono un aspetto del sessismo, che è un fenomeno più ampio basato sugli stereotipi – ha spiegato la sociologa Chiara Saraceno – Appartenere a certe categorie viene ancora equiparato a essere meno capaci e porta discriminazioni sul lavoro. Le molestie in ambito lavorativo riguardano il 9% delle donne e, dato inquietante, negli ultimi tre anni sono aumentate le molestie nei confronti delle più giovani e istruite. Oggi aumentano le denunce, ma la ‘cultura della goliardata’ è purtroppo ancora diffusa”.
Per lo psicologo Massimo Giusti certi comportamenti sono spesso portati avanti da classi privilegiate. Le donne vengono così costrette a vivere situazioni d’inferiorità a cui non sanno come reagire. C’è un problema profondo di modelli di valori.
“In questo contesto, il mondo della pubblicità deve essere più responsabile – ha concluso Chiara Saraceno – Ma spesso si vede ancora una rappresentazione con troppi stereotipi”.
United for Respect
Le associazioni della comunicazione hanno risposto con un piano d’azione chiamato United for Respect. “Ci prendiamo le nostre responsabilità – ha spiegato Laura Corbetta, presidente di Obe – Il tema è quello del gender gap, in cui le molestie sono solo il punto dell’iceberg. Vogliamo avviare un processo strutturato per creare ambienti di lavoro inclusivi e rispettosi. Dobbiamo tutti imparare ad ascoltare per capire cosa succede. Ci vuole una trasformazione culturale che richiede tempo e a cui devono partecipare anche i brand. Tutto questo può essere visto come un’opportunità per cambiare le regole del gioco: il futuro è nelle nostre mani”.
Sono stati poi presentati i risultati di uno studio nel settore della comunicazione condotto da Adci, Iab Italia, Obe e Una su un campione di 500 persone. È emerso che, da uno a dieci, il valore di interesse è stato otto, l’ambiente di lavoro a rischio cinque e l’importanza per il settore pari a sei. Secondo gli intervistati, la situazione più frequente nelle proprie realtà è la presenza di un management maschile e questo riflette una bassa percezione del livello di diffusione dell’inclusività.
“Noi abbiamo lavorato sulle quote rosa, che possono accelerare il cambiamento – ha detto Stefania Siani di Adci – L’obiettivo di tutti deve essere fare emergere il talento ovunque sia”.
Secondo Barbara Bontempi di Iab Italia siamo in una situazione abbastanza ibrida. Quali sono le resistenze che impediscono di affrontare il tema?
- mancanza di riconoscimento del problema;
- mancanza di interesse;
- timore dell’impatto reputazionale.
Davide Arduini di Una ha spiegato che è necessario sostenere il cambiamento culturale in atto. Bisogna puntare su:
- condivisione e scambio di informazioni, buone pratiche;
- momenti pubblici;
- formazione specifica;
- campagne di comunicazione interne all’azienda.
“Occorre un cambiamento culturale, e noi ci mettiamo la faccia”, ha concluso.
Barbara Falcomer ha presentato Valor D, associazione che da 15 anni lavora su questi temi. “Lavoriamo per rendere i luoghi di lavoro migliori – ha detto – Sul tema dell’inclusione l’Italia è però ancora molto indietro. Secondo il World Economic Forum, su 146 paesi siamo solo al 79esimo posto. Abbiamo una tradizione patriarcale che deve evolvere”.
Filippo Muzi Falconi ha spiegato che Methodos si occupa da anni di cambiamenti culturali e pensa si debba passare all’azione diretta. Nelle aziende occorre:
- consapevolezza;
- desiderio di cambiare;
- imparare competenze e risorse per agire con successo;
- agire sviluppando senso di responsabilità individuale e collettiva.
Tre miti da sfatare su creatività e contenuti
Andrian-Doron Sordi di YouTube ha spiegato che bisogna cambiare la concezione dell’intrattenimento e sfatare alcuni miti. Uno di questi è che non c’è più la community, ma non è così: basti pensare che il 54% delle persone preferisce guardare i creator mentre commentano un evento piuttosto che l’evento stesso. Oggi si assiste alla co-creazione, alla nascita di una nuova cultura.
Un altro falso mito è che le produzioni di alto livello richiedono budget stellari. Bisogna invece sottolineare che si assiste a un’esplosione di strumenti creativi che trasformano il modo di sperimentare. L’intelligenza artificiale oggi permette produzioni di alto livello con budget contenuti.
Un terzo falso mito è che le soglie di attenzione si abbassano. In realtà, oggi i momenti e i concetti sono distribuiti in vari formati. E quando i brand abbracciano il multiformat gli utenti li seguono da schermo a schermo.
“Su YouTube stiamo assistendo a un boom di creator ibridi e le soglie di attenzione si adattano al mood – ha detto – In conclusione, possiamo dire che i confini tradizionali cambiano, ma bisogna mantenere la community al centro, evitare di pensare che siano necessari grandi budget ed essere consapevoli che le soglie di attenzione cambiano a seconda del bisogno”.
Le avventure senza rete di Massimo Bottura
Lo chef stellato Massimo Bottura ha raccontato quando, durante il lockdown, ha iniziato quasi per scherzo a raccontare su Instagram cosa avveniva a casa sua, cosa cucinava. In breve tempo ha iniziato a essere seguito da decine di migliaia di persone, l’idea ha ottenuto un grande successo in tutto il mondo e ha ricevuto diversi premi.
Ha poi raccontato di come ha creato fuori Modena “Casa Maria Luigia”, un’originale esperienza di ospitalità con idee innovative come il Teatro del Gusto, che permette di vedere la cucina davanti ai propri occhi prima di mangiare, e la Stanza della Musica, con 8.000 dischi a disposizione per rilassarsi. Dall’abbinamento con la musica sono nati anche dei piatti ispirati alle canzoni di artisti come Beatles e Bob Dylan.
In un capannone è stata poi realizzata una palestra, che ha la particolarità di essere decorata con prestigiosi quadri di arte contemporanea. Un’altra caratteristica di “Casa Maria Luigia” è la presenza di auto prestigiose come Ferrari, Lamborghini, Maserati, De Tomaso e Pagani.
Entertain to educate
Mariano Gallo ha parlato delle drag queen, che in Italia sono viste ancora come un fenomeno da baraccone, mentre vengono molto apprezzate in altri paesi. “Da noi ci sono aziende che usano la bandiera Rainbow solo quando c’è il Gay Pride e poi non fanno niente tutto l’anno, non sono inclusive – ha detto – Per fortuna ci sono però eccezioni come Hugo Boss, che mi ha anche invitato a parlare di questi temi all’interno dell’azienda”.
L’attitudine creativa
Secondo Andrea Fusco di Wavemaker la creatività è la bicicletta della comunicazione perché può aiutare a raggiungere gli obiettivi dei brand, ma sono necessarie idee in grado di far crescere. Per Silvia Viti, sempre di Wavemaker, bisogna provocare un impatto sia per il cliente sia per il consumatore.
“Vogliamo costruire un legame con le persone – ha detto Diego Tardani di VMLYR – Il nostro posizionamento è connected brands, un mondo in cui i brand entrano nella vita delle persone in modo congruente. Una grande idea deve inserirsi in modo spontaneo nella routine e la vera big idea è riuscirci senza essere invadenti”.
“Prima ancora della creatività, ha un ruolo importante chi prepara l’analisi e la documentazione che fa poi scattare la creatività”, ha aggiunto Chiara Di Loreto di VMLYR.
Le innovazioni che rompono gli schemi
Quale innovazione recente nella comunicazione può essere considerata rock, intesa come capace di rompere gli schemi? Secondo Filippo Mori Ubaldini di Filmedia Digital gli influencer, che oggi sono diventati un business.
Giulia Sartini di Filmedia Digital ha aggiunto che non esiste una regola per definire se sia meglio un influencer grande o micro perché dipende dall’obiettivo. Per una campagna di brand awarness è meglio un macro-influencer, ma in altri contesti sono preferibili i piccoli.
“La rottura degli schemi significa spiazzare le abitudini – ha detto Matteo Scortegagna di Next14 – Usare la leva valoriale è oggi un modo per rompere gli schemi, bisogna cercare qualcosa di inaspettato”.
Per Oscar Colombo di Next 14 a cambiare il mondo sono i comici e i cuochi: i primi si fanno ricordare per le battute, i secondi per i loro piatti. Anche di questo bisogna tenere conto nella comunicazione.
L’impatto dell’intelligenza artificiale
L’AI cambierà tutto, così come il rock ha saputo fare in alcuni periodi della sua storia? Carlotta Ventura di A2A ha ricordato che mille esperti hanno scritto una lettera in cui sollevano i rischi connessi con un ampio utilizzo dell’artificial intelligence. Rischi che potrebbero riguardare addirittura la democrazia, la libertà e il lavoro.
Secondo alcuni, bisognerebbe sospendere per qualche mese lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale in attesa che il settore venga regolamentato. Il filosofo Luciani Floridi ha detto che il problema non è la tecnologia, ma chi la sviluppa e la applica.
E il settore creativo? Fino al 2022 l’impatto dell’intelligenza artificiale sui lavori ad alto contenuto creativo è stato basso, ma ora tutto è cambiato. In futuro, gli scenari possibili sui lavori creativi possono essere:
- automazione/sostituzione complessa;
- affiancamento/miglioramento delle performance;
- nessun impatto.
La maggior parte delle fonti propende per il secondo scenario. Per rimanere competitive le aziende devono:
- prepararsi all’adozione dell’AI adeguando i processi;
- creare linee guida;
- formare i propri dipendenti.
Il contenuto realizzato dall’uomo potrebbe acquisire ancora più valore perché l’output umano resterà percepito come culturalmente migliore.
Secondo il Report Forrester, negli Stati Uniti, a seguito dell’avvento dell’AI, le performance creative nel settore marketing subiranno una contrazione del 7,5% con un impatto maggiore sugli aspetti operativi, mentre lo human touch sarà difficilmente sostituibile.
L’intelligenza artificiale spaventa perché, se qualcosa di artificiale può essere intelligente, allora può essere autonomo e capace di vincere contro di noi.
Può quindi essere utile anche fare un rebranding dell’AI per farla percepire non come una risorsa esterna, ma che appartiene all’essere umano.
Il senso del rock per Manuel Agnelli
Manuel Agnelli, musicista per diversi anni leader degli Afterhours, ha raccontato di aver deciso di vivere di musica quando ha provato a fare altri lavori.
“Per anni sono stato circondato dallo scetticismo, anche in famiglia, perché nessuno credeva potessi vivere di rock, ma io ho continuato a crederci – ha detto – Ho fatto bene perché la musica è stata una grande terapia, mi ha donato un grande senso di libertà e questo mi fa stare bene. Avere un’attitudine rock significa sentirsi liberi anche di sbagliare, di non pensare a raggiungere un risultato, ma solo a esprimersi”.
Secondo Agnelli negli ultimi tempi c’è però troppa estetica: si tende solo vestirsi in un certo modo, a muoversi in base a determinati schemi. L’eccesso di immagine ha ucciso il significato del rock.
“L’ultima volta che il rock ha espresso qualcosa anche a livello sociale è stato negli anni ’90, poi l’industria ha cannibalizzato tutto – ha spiegato – Il risultato è che oggi i giovani mi chiedono cosa fare per diventare famosi, non come migliorare la loro creatività, il loro modo di suonare. Questo è deleterio perché si è arrivati alla musica dettata dagli algoritmi”.
“Oggi si cavalca un’onda che non si sa quanto possa durare – ha concluso – Cosa fare? È importante avere un’identità, ma a volte anche questa può diventare una gabbia perché poi la gente vuole sempre la stessa musica, le stesse canzoni. Bisogna invece avere il coraggio di cambiare, mantenendo una propria coerenza, altrimenti si rischia di diventare degli infelici di successo”.
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