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05 11 2021

Inizia l’era della customer centricity

Oggi i consumatori sono tornati al centro, siamo entrati nell’era della customer centricy. È stato questo uno dei concetti più forti emersi durante la seconda giornata del Forum della conoscenza.

 

La sostenibilità deve essere sostenibile

“La digitalizzazione sarà sempre più importante così come la sostenibilità, un altro concetto che deve basarsi su dati, informazioni e conoscenze – ha detto Piergiorgio Rossi di Assirm – In ogni caso, bisogna distinguere tra sostenibilità sostenibile e solo comunicata. La prima riguarda le aziende già pronte, la seconda è solo greenwashing”.

Secondo Rossi, bisogna dare voce ai clienti e le ricerche di mercato devono essere “le orecchie” di aziende e istituzioni. Ci vuole una società responsabile guidata dalla conoscenza.

 

L’intelligenza artificiale come vantaggio competitivo

Enzo Frasio di Assirm ha sottolineato che negli ultimi due anni la dotazione tecnologica degli italiani ha fatto un salto in avanti notevole. Molte attività prima di carattere fisico ora sono diventate digitali.

“Gli acquisti online riguardano soprattutto intrattenimento, salute, cibo e bevande – ha detto Frasio – Oggi è molto importante per le aziende estendere l’utilizzo dell’e-commerce alla fascia di popolazione over 60”.

Cosa rimarrà dopo la pandemia? Il 77% degli intervistati da Assirm dice che le nuove abitudini resteranno. Saranno sempre di più apprezzate le applicazioni di intelligenza artificiale tese a soddisfare bisogni di sicurezza, semplificazione e creazione di offerte su misura.

Per quanto riguarda le aziende, vedono l’artificial intelligence come fonte di un chiaro vantaggio competitivo (87%) e per il 70% è anche di facile comprensione. Quasi la metà delle imprese pensa che l’esponenziale incremento della digitalizzazione abbia impattato positivamente sulla qualità del servizio offerto.

 

L’AI contro i cambiamenti climatici

Secondo Emanuela Girardi di AIxIA, il Pnrr è una grande opportunità, ma la parola intelligenza artificiale viene citata solo sette volte nel testo. “Esiste una mancanza di priorità strategica – ha commentato – Bisognerebbe investire in ricerca, trasferimento al mercato e alla società, competenze. È necessario un cambiamento culturale per rendere l’AI alla portata di tutti. Bisogna partire dall’affidabilità, dobbiamo poterci fidare di questa tecnologia. E l’intelligenza artificiale può aiutare anche nella lotta contro i cambiamenti climatici e per migliorare la salute”.

 

L’artificial intelligence per personalizzare

Nicola Gatti del Politecnico di Milano ha ricordato che alcune cose abituali in passato ora, dopo la pandemia, abbiamo capito non essere così necessarie. Si pensi agli spostamenti e al loro impatto sulla sostenibilità.

Gianluca Diegoli dello Iulm ha detti che i brand oggi devono imparare a personalizzare. “Farlo con gli uffici marketing non è possibile – ha spiegato – L’uso della tecnologia può essere utile proprio per intercettare i bisogni e personalizzare le risposte. E questo filone sarà sempre più importante nei prossimi anni”.

 

Il brand journalism

Durante uno dei workshop, Ivan Zorico di Smart Marketing ha parlato del brand journalism e ha riportato la definizione che ne fa Larry Light: “Il brand journalism è la cronaca degli eventi che accadono nel mondo di un brand, attraverso i giorni e gli anni. È ciò che creiamo per il brand, un reale valore percepito dal cliente”.

Zorico ha spiegato che il brand journalism è il figlio dell’elevata esposizione pubblicitaria tradizionale a cui siamo sottoposti. Non è solo storytelling, è rendere notiziabile la vita dell’azienda mettendo al centro non l’azienda stessa, ma le persone.

E si scrive sempre avendo in mente un pubblico di riferimento.

“Il brand journalism è fare informazione, non vendita, per conto del brand – ha detto Zorico – Le aziende si trasformano in media company e attraverso i propri canali curano la pubblicazione di contenuti per coinvolgere le persone e farle sentire parte attiva dell’impresa”.

Gli obiettivi sono:

  • sviluppare la conoscenza del brand (brand awarness);
  • diventare una media company e una voce autorevole nel proprio settore;
  • coinvolgere e fidelizzare le persone che seguono il brand;
  • incrementare le vendite.

 

Il content marketing

Raffaele Castellano di Smart Marketing si è poi soffermato sul content marketing. “Durante la pandemia molti brand hanno mantenuto una relazione con i clienti proprio grazie ai contenuti forniti”, ha detto e ha poi spiegato che il content marketing è un approccio di marketing strategico che si basa sulla creazione e distribuzione di contenuti di valore al fine di attivare un pubblico sul proprio sito o social network, creare una relazione e, infine, aumentare le vendite.

“Il concetto fondamentale è che ‘content is king’ – ha spiegato Castellano – E va ricordato che i più grandi esperti di contenuti non lo sono solo della materia che trattano, ma hanno una cultura molto più vasta. Non bisogna quindi rimanere nel proprio ‘giardino’, ma bisogna saper osservare, reinterpretare ed essere creativi. Tenendo presente che, secondo Picasso, i buoni artisti copiano, quelli grandi rubano”.

 

 

 

 

 

 

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